N el passato la solidarietà dei palestinesi compresi in "Israele", cioè nella Palestina del '48, rispetto all'Intifada dei connazionali dei territori occupati, quindi della Palestina del '67, era stata verbale, accompagnata da qualche manifestazione (ad esempio a Nazareth, con drappi neri che simbolizzavano le vittime dell' Intifada), e ciò anche a causa della difficile situazione di questa popolazione. Non è facile, infatti, essere palestinesi in Israele, in Patria ma con un governo alieno.
Con la seconda Intifada, invece, questa rivolta si estese anche a numerosi centri palestinesi in Israele. I più importanti episodi d'Intifada entro i confini israeliani si svolsero nelle città palestinesi di Nazareth, Umm El Fahm, Shefar'am, Tamra, Sakhnin, Kafr Kanna (in Galilea), Jatt, Tira, Et Taiyiba, Jaffa, Akka (nella zona costiera, il cui antico nome era "Costa dei filistei"), Rahat e Laqiya (deserto del Neghev). A Nazareth la polizia israeliana uccise 13 dimostranti palestinesi, nonostante la manifestazione non rischiasse di procurare pericoli fisici per i militari con la stella di David. Anche in questo caso, nonostante un'inchiesta avesse messo in luce l'ingiustificato abuso della forza da parte israeliana, quei militari non subirono alcuna sanzione. Proprio a Nazareth, in un recente passato, il governo sionista aveva cercato di creare divisioni tra cristiani (un tempo maggioritari in città, in seguito consistente minoranza) e mussulmani: era stata autorizzata la costruzione di una moschea vicinissima all' importante Basilica dell'Annunciazione. I cristiani locali (ed anche il Vaticano) si erano dichiarati contrari, non perchè non fosse lecito in sè edificare una nuova moschea, ma perchè il progetto di quella invadeva il naturale spazio circostante quella storica chiesa. A dire il vero anche molti esponenti mussulmani (Arafat compreso) si erano espressi per ubicare la nuova moschea altrove. Alla fine, prevalse appunto l'idea di costruire sì la moschea, ma in un altro luogo. Nel precedente avallo israeliano alla nuova moschea vicinissima alla chiesa, tanto da coprirne il campanile, non va vista certo una posizione improvvisamente filoislamica, ma solo un'ennesimo tentativo di creare artficiose divisioni tra le varie componenti identitarie della nazione palestinese: tentativo ancora una volta fallito. |
Palestinesi nel campo profughi di Jenin |
L'Intifada di Nazareth ha visto del resto solidali tra loro cristiani e mussulmani. Dopo il fallimento dei negoziati di Camp David c'era stato qualche altro tentativo d'accordo, ma Israele era rimasto fermo nel rifiuto di permettere il rientro dei profughi palestinesi in blocco: al massimo, avrebbe potuto riammetterne, simbolicamente, qualche migliaio. Oltre ai 4 milioni di profughi all'estero (per lo più vicinissimi ai confini, soprattutto in Libano, Siria e Giordania, con quest'ultimo Paese con un numero di palestinesi superiore a quello dei giordani), sono da considerarsi anche i profughi interni in Cisgiordania e Striscia di Gaza, cioè palestinesi originari di altre parti della Palestina, e riparati lì. Ad esempio, circa il 90% del milione di palestinesi residenti nella Striscia di Gaza è originario di altre zone della Palestina. Inoltre vi sono anche in Israele insediamenti non riconosciuti ma esistenti di profughi interni. Contando tutti questi, si può arrivare a circa cinque milioni di profughi palestinesi, su una cifra complessiva di palestinesi attorno agli otto milioni (si tratta della più alta percentuale al mondo di profughi in un popolo). Nel 2001 venne eletto primo ministro il generale Ariel Sharon.
Il criminale di guerra Elie Hobeika |
Con l'elezione a premier del boia di Sabra e Chatila, ed anche, ricordiamolo, di Ain El Halwy (Ein El Hilweh), delle stragi nei campi profughi del giugno-agosto 1982 (fu lui a guidare in modo indiscriminato la conquista militare del Libano, con molte migliaia di uccisi), e poi di Kibbya, ecc. ecc... (tutti eccidi freddamente premeditati, non certo frutto di psicopatie di mandanti ed esecutori), il conflitto s'incancrenì ulteriormente. Sharon costrinse Arafat ed il suo entourage agli arresti domiciliari all'interno della Muqata, cioè della sede del Parlamento palestinese, a Ramallah, dove essi furono frequentemente assediati dagli israeliani. Ad Arafat fu anche impedito di viaggiare, pena il non ritorno in Palestina. Fu quindi reso impossibile al presidente palestinese Arafat, che era stato democraticamente eletto nel 1996, di partecipare al vertice arabo di Beirut del 2002 (cui intervenne solo in videoconferenza), dove il principe saudita Abdallah propose l'allacciamento di rapporti diplomatici con Israele (che avevano già l'Egitto dalla seconda parte degli anni '70, motivo per cui era stato temporaneamente sospeso dalla Lega Araba, e la Giordania dal 1994, anche se i due Paesi li avevano sospesi), in cambio del ritiro da Cisgiordania e Striscia di Gaza. Israele comunque non si era dimostrato interessato alla proposta, nonostante il fatto che si lamentasse continuamente che i Paesi islamici volessero distruggerlo (non si sa poi come avrebbero fatto, date le centrali nucleari israeliane, a Dimona ed altrove, ed il ferreo appoggio americano, che blocca col veto le risoluzioni di condanna d'Israele alle Nazioni Unite). |
Sharon è inoltre arrivato a minacciare ripetutamente, con stile mafioso, di assassinare Arafat. Nell'anno dell'elezione di Sharon c'era stata anche la denuncia di palestinesi e libanesi, superstiti e familiari di vittime della strage di Sabra e Chatila (che aveva riguardato, appunto, oltre a Sabra e Chatila, anche alcuni contigui quartieri libanesi , che formavano con i campi un unico agglomerato urbano) contro Sharon, con la descrizione dei compiti delittuosi attuati all'interno dei due campi profughi da un'unità israeliana e da due due piccole unità falangiste al seguito, con la decifrazione dei contatti costanti dei falangisti (in arabo) con l'esercito israeliano. Poco dopo la denuncia contro Sharon era stato ucciso il suo aiutante falangista Hobeika: anche se la sua morte provocò festeggiamenti a Sabra, Chatila, ed altrove (era uno degli uomini più odiati del Libano, e non solo), politicamente tale atto è la lampante eliminazione di un testimone che, anche se non per motivi ideali (Hobeika aveva tentato di riciclarsi come filosiriano, per motivi strumentali), avrebbe potuto contribuire a far condannare Sharon.
Quindi lo stesso Sharon evitò accuratamente di mettere piede in Belgio, dove erano state accolte le denunce, e dove non aveva più la sua immunità diplomatica (non considerata valida per crimini contro l'umanità), e continuò la sua sanguinaria opera in Palestina, scontrandosi però con l'indomita Resistenza nazionale palestinese. Uno degli episodi più recenti fu l'assedio israeliano alla Basilica dell Natività di Betlemme, nella quale si rifugiarono molti combattenti palestinesi, nel 2002. I palestinesi all'interno della Basilica subirono anche alcune perdite in vite umane, tra le quali quella di un giovane che era uscito momentaneamente per nutrirsi di erba, in mancanza d'altro. Gli israeliani infatti avevano cercato di prendere la Basilica per fame, cosa che anche nel Medioevo era considerata disonorevole. Venne ucciso anche il campanaro della basilica. I frati, in parte palestinesi ed in parte stranieri, avevano accolto i combattenti secondo la tradizione, dato che da sempre chiese e conventi sono luoghi d'asilo. Tuttavia molti sionisti e filosionisti affermarono che i palestinesi si sarebbero fatti scudo di un luogo di culto, trattando in modo irrispettoso religiosi e luoghi. In realtà, a parte la tradizione del dare asilo, la notizia della "mancanza di rispetto" palestinese è stata smentita dal fatto che anche dopo la fine dell'assedio i frati abbiano asserito che i palestinesi avevano rispettato luoghi e persone: e certo alla fine dell'assedio i frati non potevano temere rappresaglie da parte dei miliziani palestinesi, tutt'al più potevano temerla da parte dell'esercito israeliano. L'assedio alla Basilica si era concluso con la liberazione di gran parte dei palestinesi, ma con l'esilio di alcuni, considerati da Israele pericolosi, tutto per mediazione internazionale. Tutt'ora Israele impedisce il ritorno di moltissimi combattenti palestinesi (tra i pochi che sono riusciti a tornare c'è Leyla Khaled), oltre a detenerne moltissimi altri, spesso minorenni, e spesso in detenzione amministrativa, cioè non decisa da un magistrato. |
Lo scrittore e giornalista Adam Israel Shamir |
E' stata inoltre cominciata da Sharon la creazione di un muro attorno ai territori palestinesi, condannato dalle Nazioni Unite, ma continuato per la complicità americana. Già l'idea di un muro tra nazioni è aberrante: gli israeliani lo giustificano con la motivazione del voler prevenire attacchi. Tuttavia il muro non segue i confini del 1967, ma si addentra molto nei territori palestinesi: così i campi da coltivare vengono separati dalle case dei contadini, e le case che si trovano sul suo percorso vengono abbattute. Addirittura, Sharon ha iniziato anche la costruzione di un secondo muro, nella valle del Giordano. A proposito di confini del '67, bisogna ammettere che anche questi sono assurdi, con campi e località in parte dentro ed in parte fuori: ad esempio c'è il caso della cittadina palestinese di Barthaa, divisa in due, tra Israele e Cisgiordania. Il muro ricorda un vecchio progetto di Jabotinsky, che così era espresso: "Qualsiasi colonizzazione, anche la più ridotta, deve essera portata avanti senza curarsi della popolazione indigena [...] non può svilupparsi se non dietro lo scudo della forza, il che significa un Muro di Acciaio che la popolazione locale non potrà mai infrangere. Questa è la nostra politica araba." Altri episodi sanguinosi sono stati anche la repressione israeliana nella Casbah di Nablus, con molte decine di morti tra i palestinesi, e la demolizione di parte del campo profughi vicino la città di Jenin (in arabo, questo campo di rifugiati è detto Mohaian Jenin). In questo campo profughi, dove in molti casi le case sono state abbattute con le persone dentro, gli uccisi palestinesi sono attorno ai 200, contando anche gli scomparsi (cioè circa la metà dei 200, che secondo diverse testimonianze sono stati sepolti nella valle del Giordano, in segreto). A questo punto c'è da chiedersi: quali le prospettive future, tenendo conto della situazione attuale? Sicuramente Israele ha molte divisioni interne che l'indeboliscono: sono presenti anche conflitti razzali tra gli stessi ebrei. Ad esempio i falashà, cioè gli ebrei d'Etiopia, sono decisamente male inseriti. I falashà, circa 15.000, erano stati quasi tutti trasferiti in Israele con un ponte aereo nel 1985: nella stessa Etiopia i falashà erano malvisti, sia dalla maggioranza etiope cristiana sia dalla minoranza etiope islamica (dislocata nella parte sud-orientale del Paese). In Israele però le loro condizioni non erano molto migliorate: risale a pochi anni fa lo scandalo legato alla scoperta che il sangue che i falashà donavano agli ospedali israeliani prendeva direttamente la via della spazzatura.... I sanitari israeliani avevano cercato di giustificarsi affermando che, essendo i falashà originari di una parte dell'Africa con condizioni sanitarie diverse da Israele, potevano essere soggetti di più a certe malattie. Tuttavia questa giustificazione non ha retto, dato che non era stato fatto alcun controllo su quel sangue. La verità è che i sanitari avevano dato per scontato uno stile di vita promiscuo e disordinato dei falashà, per cui avevano dato per assodato che fossero portatori di malatie virali quali le epatiti B e C e, peggio ancora, l'AIDS (nonostante quei virus non per forza si contraggono con uno stile di vita promiscuo, ma ci siano molti altri fattori che contribuiscono alla diffusione di tali malattie, e cioè sfortuna, malasanità ed altro ancora). La risoluzione che equiparava il sionismo al razzismo era stata precedentemente abrogata. Decisione giusta o sbagliata? Senz'altro fu una decisione sbagliata, e dettata dalle pressioni nordamericane. Il sionismo è senz'altro un'ideologia razzista, dato che ha costruito (premeditandolo) uno Stato sull'assassinio, il furto, l'espropriazione e la deportazione, e tutt'ora persegue questi scopi. Non è estremista dire ciò, è semplicemente radicale, cioè è un andare alle radici del conflitto. Gli estremisti sono coloro che hanno realizzato il progetto sionista, anche se fortunatamente non lo hanno realizzato totalmente. Israele anche ora persegue questi obbiettivi, persino al suo interno, dove continuano le espropriazioni, addirittura anche ai danni dei poverissimi territori dei beduini palestinesi, residenti soprattutto nel deserto del Neghev. Espulsioni contro palestinesi, anche di massa, da Israele, ci sono state anche molto dopo gli anni '40, ed in periodi di non belligeranza. A queste politiche si è opposta con molto coraggio soprattutto "Abnaà Al Balad", cioè "Figli Della Terra", organizzazione di palestinesi residenti in Israele, presente soprattutto ad Umm El Fahem (Umm El Fahm). Abnaà Al Balad, tra mille difficoltà, non riconosce ad Israele la leggittimità di Stato. Anche i non ebrei costretti a fare il servizio militare in Israele, e cioè alcune già citate categorie di palestinesi (drusi e circassi) e poi zingari, sono ugualmente sottoposti a molte discriminazioni e violenze, a volte subendo anche uccisioni. La comunità rom in Israele ha un'identità a sè stante, senza identicarsi nè con la cultura israeliana nè con quella palestinese. Tuttavia questi gitani sono spiritualmente più vicini ai palestinesi, per motivi anche religiosi (la comune appartenenza all'Islam). Un'altra pratica verificatasi abbastanza spesso nell'esercito israeliano è quello di finire i prigionieri feriti. Recentemente ha suscitato un certo scalpore la notizia di un palestinese druso che, rimasto ferito, era stato scambiato per un guerrigliero e finito dai militari israeliani. Ancora a proposito di esercito israeliano, c'è da ricordare che l'obiezione di coscienza vi è possibile solo a prezzo del carcere, dove infatti finiscono regolarmente i refusenik (obiettori di coscienza) israeliani. D'altra parte, già nel 2001 la Conferenza di Durban (Sudafrica) aveva visto la definizione, votata a stragrande maggioranza, d' Israele quale Stato razzista e di apartheid, confermando la giusta equiparazione del sionismo al razzismo. E lo stesso fisico Vanunu era stato particolarmente perseguitato dato che è divenuto cristiano evangelico. Spesso sionisti e filosionisti cercano di togliere legittimità al movimento di liberazione palestinese argomentando che i palestinesi sarebbero stati una parte indistinta del vasto mondo arabo, senza sentire l'esigenza di un proprio Stato, salvo poi avvertirla improvvisamente per mera contrapposizione al progetto sionista. In realtà l'identità palestinese esiste da secoli, ed in epoca ottomana la Palestina aveva già una sua identità geopolitica (era già stata divisa dalla Transgiordania: a volte il termine "Palestina" veniva usato in modo impreciso per indicare le diverse sponde del Giordano, adesso si chiariva che per Palestina non s'intendeva pure la Transgiordania). All'epoca altre identità erano ancora in formazione, ad esempio il Libano era diviso in varie regioni, tra cui il Monte Libano, la zona a maggioranza drusa dello Chouf, ecc.... Ma la questione è in realtà è ancora più profonda: se anche i palestinesi si fossero considerati un' appendice della Siria, ad esempio, sarebbe stato giusto comunque rispettare questa identità, perchè non sono i sionisti a dover decidere per questi motivi il destino di quel territorio. Ad esempio, la città di Roma è parte della più generale nazione italiana, ma il fatto che non abbia un'identità nazionale distinta, ma semplicemente regionale, non autorizza a sloggiarne con la violenza gli abitanti. Quando i sionisti si accorsero dell'identità palestinese esistente ed a sè stante, non trovarono altra via che la guerra di aggressione per sottometterla. Tornano anche in mente le parole di Gandhi, che si chiedeva, biasimandoli, perchè gli ebrei volessero andare da padroni in una terra che non li voleva. Una parte dei motivi risiede certo, da parte dei sionisti, in un'interpretazione letterale della propria religione: l'Ebraismo, infatti, è una religione etnica, a differenza, ad esempio, della religione islamica e della religione cristiana. L'esclusivismo etnico del sionismo, che pure è stato originariamente laico, ha purtroppo generato una mentalità involutiva. Eppure non è certo saggio farsi nuovi nemici in modo gratuito, è un impoverimento. Inoltre, è storicamente infondato che nell'antichità quella ebraica fosse l'unica civiltà della Palestina: basti pensare alle preesistenti popolazioni, soprattutto i filistei (indoeuropei) e le etnie cananee (semite). Spesso queste popolazioni ebbero uno sviluppo anche maggiore della civiltà ebraica, ed a questo proposito si può ricordare soprattutto l'alto livello della civiltà fenicia, irradiatasi anche in Palestina settentrionale, dal vicino Libano. Riguardo questi argomenti, si può consultare in particolare il volume, davvero di livello decisamente alto, "Prima di Israele", di Piero Sella. Sicuramente tra i palestinesi ci sono geneticamente discendenti di quelle antiche popolazioni. Un intellettuale palestinese infatti affermò: "Apparteniamo alla Palestina da 5000 anni, siamo cristiani da 2000 anni, siamo arabo-mussulmani da 1500 anni". Il livello al quale è giunta la repressione israeliana può essere esemplificato da diverse frasi ancora. Ecco cosa ha ammesso l'ebreo israeliano Yitzhak Laor: "Qual è l'oggetto della guerra tra noi e i palestinesi? Il tentativo d'Israele di ridurre ciò che resta della Palestina in cantoni, costruendo strade di separazione, insediamenti e check point. Il resto è uccisioni, terrore, coprifuoco, demolizioni di case e propaganda. I bambini palestinesi vivono nella paura e nella disperazione. I loro genitori vengono umiliati davanti ai loro occhi. La società palestinese viene smantellata e l'opinione pubblica [...] biasima le vittime, da sempre il modo più facile per affrontare l'orrore". Ecco un'altra frase esemplificativa, del giornalista ebreo Gideon Levi, riportata dal quotidiano israeliano Ha'aretz il 30 novembre 2003: "Quietamente, al riparo dagli occhi del pubblico, i soldati israeliani continuano ad uccidere i palestinesi. Non vi è giorno senza vittime, molte delle quali civili innocenti, e la storia delle loro morti violente non raggiunge la nostra coscienza ne'la nostra consapevolezza". Spesso la società palestinese viene denigrata a torto, paragonata a certe società nelle quali vigono regole di origine arcaica e medievale, ad esempio la lapidazione per adulterio (peraltro non prescritta dal Corano, ma prevista in alcune versioni estremiste della Sharia: esistono però varie versioni di Sharia, cioè di leggi ispirate a comportamenti religiosi, e non tutte di questo tipo, oltre ad essere considerate modificabili nel tempo). In realtà, in Palestina i cosiddetti "delitti d'onore" sono puniti dalla legge: ad esempio un fratello che durante una lite uccise una sorella (lite scaturita da un rapporto adulterino della donna) venne condannato a 15 anni di reclusione da un tribunale della zona di Betlemme. Eppure i mass media continuano a dare un'immagine distorta della realtà. Ecco come si esprime a questo proposito Israel Shamir: "All'elenco dei più sanguinari e vistosi delitti commessi dal sionismo negli ultimi anni se n'è aggiunto un altro: l'accanita campagna antislamica, di natura sostanzialmente razzista, in primo luogo in America [...] Il sentimento antislamico, affievolitosi in Occidente dopo la battaglia di Lepanto, è stato rianimato dagli ideologi sionisti. Così Leon Uris, autore dell'opera di propaganda sionista "Exodus", in cui gli arabi vengono rappresentati come codardi assetati di sangue che sognano di stuprare bianche ragazze ebree, ... Praticamente ogni libro, ogni film prodotto ai nostri giorni con la partecipazione dei sionisti contiene un messaggio razzista antislamico e antiarabo [...] Se un produttore arabo rappresentasse in tal modo degli ebrei, il film sarebbe probabilmente boicottato e non arriverebbe al grande schermo; ma il produttore sionista non si è vergognato di creare un'immagine infame dell'arabo, una stampa servile non si è <<accorta>> del razzimo". Anche molte organizzazioni israeliane di opposizione sono purtroppo abbastanza dentro il sistema, ad esempio B'tselem è nota per l'asetticità dei suoi comunicati, Peace Now non è più considerata un gruppo per la pace neppure dagli stessi oppositori israeliani, e così via. Tra i pochissimi gruppi ebraici non sionisti ci sono i Neturei Karta, secondo i quali lo Stato ebraico non è legittimo prima della venuta del loro messia. A parte le voci arabe, in Israele una delle pochissime voci davvero di opposizione è quella ancora una volta del giornalista e scrittore Adam (Adamo) Israel Shamir, che con "I fiori di Galilea" ed altre opere di pregio sostiene il movimento di liberazione nazionale palestinese, continuando a denunciare soprattutto la tortura nelle carceri, che non di rado si conclude con la morte del detenuto. A questo punto le questioni da affrontare in ultima analisi sono quelle del come definire in modo più esauriente la natura del regime israeliano, e del come valutare la politica di Arafat e le prospettive reali del movimento di liberazione palestinese.
fine dell'undicesima parte-continua
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