Palestina, un silenzio assordante
U no degli aspetti più sconcertanti del modo in cui i mass media trattano del conflitto in Palestina è la continua rimozione del passato. Ciò è tuttavia anche rivelatorio, dato che una profonda disamina del passato, prossimo e meno recente, metterebbe inevitabilmente in luce l'illegittimità storica della presenza sionista in Palestina. Un argomento spesso usato per tale (voluta) rimozione è dato dalla considerazione che furono gli arabi a rifiutare la spartizione della Palestina, sancita dall'O.N.U. nel 1947 e realizzatasi nel 1948, con la creazione d'Israele. Si afferma poi che i palestinesi erano sempre stati una parte indistinta del mondo arabo, senza sentire l'esigenza di un proprio Stato, salvo poi avvertirla per puro spirito di contrapposizione ai coloni sionisti. Queste obiezioni tuttavia ignorano che la Palestina aveva già una sua identità geopolitica al tempo dell'impero ottomano, mentre altre identità erano ancora in formazione, ad esempio il Libano era diviso in varie regioni a sè stanti, tra cui il Monte Libano, la zona a maggioranza drusa dello Chouf, ecc.... Inoltre, se si segue una filosofia affermativa per la specie umana, si comprende quanto sia giusto sostenere il principio dell'autodeterminazione dei popoli, in modo tale che ogni popolazione possa liberamente scegliere, senza subire imposizioni colonialistiche, se considerarsi parte integrante di una comunità nazionale più vasta e composita, o se decidere di essere una nazionalità indipendente, a sè stante. Un'altra rimozione riguarda i moti del 1936-'39, per l'indipendenza della Palestina, ed il fatto che gli ebrei originari della Palestina fossero solo il 10% della popolazione in epoca ottomana, saliti poi al 30% per l'immigrazione sionista spesso illegale all'epoca della spartizione, che risulta chiaro essere stata un crimine, ottenuta inoltre con scandalose pressioni americane. Particolarmente importante è ricordare questo, adesso che la ripugnante aggressione e poi occupazione angloamericana contro l'Irak (compiuta contro l'O.N.U., e che di certo incrementerà il terrorismo), rischiano di distrarre l'opinione pubblica dai progetti di Sharon, che potrebbe approfittarne per espellere i palestinesi verso la Giordania (suo antico progetto) . Inoltre i dirigenti sionisti (che fondano la propria identità nazionale solo sulla religione, non accordando la possibilità di emigrare in Israele a persone di origine ebraica ma di religione diversa da quella ebraica), avrebbero voluto includere nel loro Stato, oltre all'intera Palestina storica, anche porzioni di Libano, Giordania (allora denominata Transgiordania), Irak, Siria, ed Egitto, per aumentare le proprie disponibilità idriche. I politici israeliani hanno cercato di ottenere il maggior numero di terre possibile col minor numero di arabi possibile, per questo hanno colonizzato e non annesso Cisgiordania e Striscia di Gaza, per questo hanno annesso Gerusalemme est ed il Golan (annessioni e colonizzazioni sono illegali). Per questo sarà il ritorno dei profughi palestinesi (da tanti opinionisti avversato), a portare ad unico Stato di Palestina, nel quale ogni sua etnia possa vivere in una terra libera, laica, e veramente indipendente. [Questo articolo è stato pubblicato sul giornale Avanguardia]