Articolo su Arafat

L a notizia della morte di Yasser Arafat, spentosi l'11 novembre 2004, ha posto fine ad un'inedita atmosfera di "sospensione" della sua vicenda, ed ha chiuso un'epoca. La sua morte è avvenuta per Civd (coagulazione intravascolare disseminata). Arafat si era sentito male alla Muqata, la sede del parlamento palestinese a Ramallah, ed era stato ricoverato all'ospedale Percy di Parigi. Molto stranamente per giorni non era stata resa nota una diagnosi, mentre campioni di sangue del raìs (capo) palestinese erano stati mandati negli Stati Uniti per essere analizzati.

Il fatto che Arafat fosse stato dato per morto più volte aveva fatto sospettare a più di qualcuno che potesse essere già morto, e che l'annuncio ufficiale venisse ritardato perchè non si fosse d'accordo sulla successione (Arafat non aveva proclamato un vice), e perchè non si erano ancora deciso per le modalità del funerale. La morte è avvenuta in perfetta coincidenza con la fine del Ramadan e la festa dell'Eid el Fitr. Poichè la tradizione islamica prevede una sepoltura entro 24 ore dalla morte, il funerale di Arafat è stato così potuto essere fissato venerdì (giorno di preghiera mussulmano) 12 novembre. Perplessità avevano poi suscitato le dichiarazioni della moglie di Arafat, Suha (nata Tawil, figlia della nota scrittrice palestinese Raymonda, nata Hawa),la quale aveva accusato i membri dell'entourage del marito di volerlo "seppellire vivo". Ultimamente si era detto che le dichiarazioni della donna (sposata da Arafat all'inizio degli anni '90, con rito islamico) erano state dovute allo stato di tensione e dolore, e si era giunti ad un chiarimento con la dirigenza dell'Anp. Intanto, da parte israeliana ci si era più volte azzardati ad annunciare la morte di Arafat: insomma, a quanto si può osservare i sionisti ci avevano sperato da subito. Certamente Muhammad 'Abd 'Aruf (questo il nome originario di Arafat), nato nell'agosto del 1929 (a Gerusalemme o a Il Cairo, comunque da famiglia palestinese), laureato in Ingegneria, ed a capo dell'OLP dal 1969, aveva avuto cedimenti di troppo nei confronti d'Israele e USA.

Arafat con la figlioletta Zahwa

Ultimamente accusato di non operare abbastanza contro episodi di corruzione, autoritarismo e gestione personalistica del potere, era anche ritenuto responsabile di eccessivo pragmatismo rispetto a posizioni ideali (era azionista della Coca-Cola, mentre gli USA sono i primi sostenitori dello Stato ebraico). Tuttavia, è giusto anche riconoscere che Arafat ha operato avendo quasi una pistola alla tempia, e quindi ha avuto molte attenuanti. Rimarranno nella storia le immagini del suo volto alla luce pallida delle candele, nella sede del Parlamento palestinese, durante l'assedio del nemico di sempre Sharon. Sicuramente è occorso coraggio per non piegarsi di fronte ad un tale nemico che più volte aveva tentato di assassinarlo, e che si era rammaricato di non esserci riuscito.

Muhammad 'Abd 'Aruf
alias Yasser Arafat

Il progetto di Arafat di Stato palestinese in Cisgiordania e Striscia di Gaza, per quanto molto lontano dall' essere una soluzione equa (all'epoca della spartizione i palestinesi possedevano il 94% delle terre della Palestina storica, compreso anche l'attuale Israele), non è però privo di qualunque valore, dato che, se i palestinesi non dovessero riprendere possesso di quelle terre, queste rischierebbero di trovarsi di fronte al "fatto compiuto", ugualmente inaccettabile, di una loro israelizzazione. Arafat ha avuto il merito di porre all'attenzione mondiale la causa palestinese, e di averne garantito l'indipendenza rispetto ai blocchi sovietico ed atlantico, alla ricerca di una più umana terza via (collocò l'OLP tra i Paesi non allineati). La tristissima constazione che da un punto di vista territoriale in Palestina il peggio sia già accaduto non deve far dimenticare che questa situazione non è stata certo voluta da Arafat, che ha cercato di correre ai ripari dal punto di vista di ciò che fosse possibile recuperare nell'immediato: il che poi non esclude che lo stato delle cose possa ulteriormente migliorare, almeno in tempi storici. Arafat ha avuto inoltre il coraggio di resistere ai diktat ingiusti di Camp David.... Non erano mancate voci di un avvelenamento di Arafat: la diagnosi ufficiale ne ha escluso la possibilità. La fondatezza di questa analisi può togliere a Sharon un' immeritata soddisfazione per almeno la modalità della morte di Arafat. In questi anni si è spesso presentato Arafat come il grande burattinaio che muoveva le fila del terrorismo: Sharon lo soprannominava "Il nostro Bin Laden".

A parte il fatto che Arafat è sempre stato a capo di componenti laiche (a parte una breve militanza nei Fratelli Mussulmani), già dal 1959, anno nel quale aveva fondato Al Fatah, c'è da ricordare che egli controllava circa il 20% di quel 23% di Palestina storica che sono Cisgiordania e Striscia di Gaza. Israele gli distruggeva anche le infrastrutture volte al controllo del territorio (ad esempio le caserme di polizia: quella stessa polizia che avrebbe dovuto bloccare i terroristi o presunti tali). Inoltre, Arafat condannava puntualmente gli attentati contro i civili, di qualunque nazionalità e religione essi fossero. Non così si può dire degli ebrei sionisti, che in questo senso non salvano neppure la forma. Infatti Sharon, ma anche i suoi predecessori, sionisti di sinistra compresi, rivendicano apertamente gli assassinii politici e le distruzioni di case quale vendetta trasversale. Continuamente infatti viene chiesto ai dirigenti palestinesi cosa pensino degli attentati suicidi contro obbiettivi israeliani, ma di solito non viene affatto chiesto ai politici israeliani se condannino i crimini della loro parte.

Per giorni una folla dolente ha stazionato presso l'ospedale dove Arafat era stato ricoverato, ed aveva portato fiori, candele, ed espresso nei confronti dell'anziano leader il proprio amore e la propria amicizia. Arafat è infine tornato in Palestina, ed è stato sepolto a Ramallah, in una bara di pietra nella quale è stata posta terra di Gerusalemme, dove l'arroganza sionista ha impedito che egli trovasse una tomba (voleva essere sepolto nella moschea di Al Aqsa). Il funerale si è svolto però prima, a Il Cairo, in modo tale che i partecipanti non sottostassero a diktat ebraici. La cerimonia funebre è avvenuta con rito islamico, e con modalità militare (veloce, in modo da impedire una forte partecipazione popolare, per timore d'incidenti). Diversi Paesi hanno mandato ai funerali delegazioni di basso profilo, per non urtare la suscettibilità di Bush e Sharon. Tra le molte reazioni di cordoglio sono da segnalare anche note stonate: tra queste, già prima della morte del raìs, gli inviti di pessimo gusto di Vittorio Feltri, del giornale Libero, a staccare la spina per farla finita con Arafat, e, il giorno stesso della scomparsa, quella di Gianfranco Fini, che ha davanti a Sharon espresso il convincimento che la morte di Arafat migliorerà le cose, data la sua "ambiguità" sul terrorismo: un commento peggiore di quello asettico di Bush. Tra i nomi ricorrenti dei possibili successori ci sono quelli del primo ministro Abu Ala (nato ad Abu Dis, presso Gerusalemme), 66 anni, e di Abu Mazen, 69 anni (nato a Safad, in Galilea), ma si tratta di persone considerate troppo poco ferme con gli USA. Il primo ha chiesto l'interruzione della rivolta contro Israele, il secondo è sempre stato contrario allo svolgimento della Seconda Intifada.

Bambina palestinese in veglia per Arafat presso l'ospedale parigino Percy

Secondo fonti israeliane, lo stesso Arafat aveva dato disposizione di una possibile successione di Farouk Kaddoumi. Quest'ultimo, già contrario agli accordi di Oslo del 1993, e tutt'ora in esilio in Tunisia, è molto più popolare tra i palestinesi, ed è possibile che sarà un leader non manovrabile. Presidente del Parlamento è Fattuh. Infine, un'ipotesi di successione utopica, ma ricca di speranza, è quella di Marwan Barghouti, segretario di Al Fatah in Cisgiordania. Barghouti, molto apprezzato tra la sua gente, è stato recentemente condannato all'ergastolo da un tribunale sionista, in un processo definito scandaloso dagli osservatori internazionali. Anche se al momento la successione di Barghouti non è possibile, non si può escludere in tempi lunghi: anche Nelson Mandela (un amico dei palestinesi, che si è più volte rifiutato di rinnegare Arafat) era stato condannato ingiustamente all'ergastolo, ed anch'egli divenne poi presidente della sua terra fino a poco prima oppressa da un altro governo razzista, il quale non a caso era molto vicino proprio a quello israeliano, dato il comune complesso di superiorità. Con la non piccola differenza, tuttavia, che il governo sudafricano d'apartheid veniva giustamente boicottato, e non trattato coi guanti bianchi, circostanza che invece si verifica con la Stato ebraico tutt'ora....[Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: L'Altra Voce, il Quotidiano di Caserta]



Antonella Ricciardi