Articolo su collaborazione israelo-americana a Falluja

I l recente martirio di circa 1600 abitanti caduti della storica città sunnita irachena di Falluja, compreso un certo numero di resistenti iracheni e stranieri, uccisi nella battaglia contro gli invasori imperialisti, non è stata opera soltanto dell'esercito statunitense.

Nell'indomita città, infatti, dove tutt'ora in realtà esistono molte sacche della legittima Resistenza, nella recente ultima grande battaglia ha avuto un ruolo intenso anche un significativo contingente di militari israeliani, compresi rabbini con doppia cittadinanza, responsabili di episodi di uccisioni di cittadini iracheni e di partecipazione ad un assedio che anche nel Medioevo sarebbe stato considerato empio per il modo in cui è stato condotto, ponendo problemi anche alla Mezzaluna rossa ed alla Croce Rossa che avrebbero voluto portare cure mediche agli abitanti stremati (oltre che con difficoltà poste anche alla realizzazione di filmati giornalistici nella città, che infatti per lo più riguardano abitanti della città costretti a rifugiarsi in campi profughi al di fuori di essa).

George Bush e Ariel Sharon

Lo scrittore ebreo Elie Wiesel

La notizia della presenza di circa 1000 ufficiali, più un certo numero di paramilitari, cecchini, oltre a 37 rabbini dell'esercito ebraico, è stato confermato sia dal giornale arabo Al Hayat il 22 novembre 2004, sia dal quotidiano israeliano Ha'aretz, oltre che dal New York Times, dove il rabbino Irving Elson ha invitato altri "Rabbini combattenti" ad arruolarsi nelle forze armate degli Stati Uniti. Diversi militari ebrei comunque sono stati uccisi da membri della Resistenza a Falluja, compreso un ufficiale. Agenti del Mossad vengono infatti inviati da Tel Aviv per eliminare scienziati locali e creare divisioni tra sciiti e sunniti nella popolazione araba, oltre che tra arabi e curdi (questi ultimi sono prevalentemente sunniti, come circa un terzo degli iracheni arabi). Tutto ciò getta una luce particolarmente sinistra sulle ultime drammatiche vicende che tristemente si sono susseguite in Iraq, data anche la presenza di John Negroponte, l'ambasciatore americano a Baghdad, che già in America Latina fu famigerato per le operazioni di terrorismo di Stato che faceva in modo da far passare per opera dei suoi nemici politici. Secondo le analisi più accreditate, infatti, è in atto un coordinamento tra esercito americano ed israeliani in Iraq, dove questi ultimi si dimostrano addirittura "più realisti del re", cercando di decidere da soli i propri obbiettivi, sulla base della convinzione che gli yankees agiscano in modo troppo poco deciso, non riuscendo di conseguenza a mantenere l'ordine (una parte considerevole del Paese è infatti in mano alla Resistenza).

Tra i progetti sionisti c'è quello d'impiantare oleodotti che dall'Iraq arrivino fino a Haifa, via Giordania. Anche per Tel Aviv, come per Washington, la guerra è stata ed è per il petrolio, oltre che per fiaccare una delle nazioni più vitali del mondo arabo, dal punto di vista degli ideali del suo popolo e dello sviluppo tecnico scientifico. Molte ombre sul ruolo dei servizi segreti israelo-americani si allungano anche per alcuni attentati contro luoghi di culto cristiani in Iraq, che secondo le analisi più approfondite è possibile vedano una matrice atlantico-sionista (a questo proposito, si è espresso anche il noto scrittore George Haddad, originario del Libano, ma trasferitosi in Bulgaria, su Al Hayat, in un intervento pubblicato il 10 dicembre 2004).

Combattenti irakeni a Falluja

I cristiani in Iraq, infatti non sono ex mussulmani, ma comunità sorte già nei primi secoli del Cristianesimo, e sono per lo più arabi, anche se ce ne sono anche d'origine armena e delle etnie curda ed assira. I loro rapporti con i mussulmani dal punto di vista della convivenza religiosa storicamente sono stati e si mantengono ancora ottimi. Gli iracheni cristiani al tempo di Saddam Hussein avevano una posizione migliore di quella degli sciiti (lo stesso Tareq Aziz, originario di Mossul, è un arabo cristiano, cattolico di rito caldeo). Inoltre, gli attentati alle chiese non hanno senso per gli islamici, anche per motivi religiosi: a parte il fatto già lo stesso profeta Maometto assicurò libertà di culto ai cristiani, e che Gesù Cristo è sì un personaggio cristiano di riferimento ma è anche considerato un profeta dell'Islam, secondo il Corano la stessa madre di Gesù, Maria di Nazareth, è una santa, ed ha quindi un posto in Paradiso. Esistono anche altre figure di riferimento comuni a Cristianesimo ed Islam, tra cui Giovanni il Battista. Un altro elemento che induce a considerare che si debba pescare nel torbido sulle ultime vicende è dato dalla circostanza che lo stesso premier collaborazionista iracheno, Iyad Allawi, è indicato quale assassino di sei insorti anche da un ufficiale U.S.A. , in una testimonianza raccolta dal giornalista americano del New Yorker, Jon Lee Anderson, e confermata da un ex ministro giordano. Il testimone americano, che racconta anche di una settima persona, sopravvissuta al colpo alla testa sparato da Allawi, afferma anche di condividere il gesto dell'uomo politico, dato che si trattava di terroristi a suo dire, e poichè in fondo per quegli uomini era meglio la morte, dato che erano giorni che venivano torturati.... Inoltre, il ruolo di collaboratori degli atlantici degli iracheni della banda Allawi viene confermata anche dal giornalista di la Repubblica Guido Rampoldi, sia pur con ingiustificate e contorte polemiche.

Ecco le parole di Rampoldi: " Allawi non può essere ridotto a quella <<spia della CIA. >> di cui parlano alcuni pendagli da forca con una consonanza assai sgradevole con settori della sinistra radicale europea. Non che egli non abbia da anni intensi rapporti con la CIA e l'MI6 britannico, e se proprio la CIA ha pilotato l'elezione di Allawi a primo ministro, com'è probabile, quella scelta si è rivelata oculata". Lo stesso giudice che avrebbe dovuto giudicare Saddam Hussein, uno Chalabi (parente di Ahmed Chalabi, noto iracheno assoldato dalla C.I.A.) è stato rimosso, in quanto era un assassino....

D'altra parte, è accertato che il Mossad abbia organizzato sanguinosi attentati contro gli stessi ebrei dell'Iraq, per convincerli a lasciare il Paese ed a trasferirsi nelle terre usurpate ai palestinesi, per incrementare il colonialismo di popolamento sionista, simboleggiato dalla stessa bandiera israeliana, dove le due bande orizzontali rappresentano i confini "relitti" che per le aspirazioni imperialiste ebraiche dovrebbe avere lo Stato sionista, e cioè il Nilo e L'Eufrate.Senza dimenticare che per un certo messianismo ebraico il dominio degli israeliti debba divenire mondiale (concezione espressa soprattutto nel Talmud, nel Libro dei Giubilei, nelle Midrash, ed anche altrove). Ma non c'è di che stupirsi, dal momento che in occasione del Giorno della Memoria, in teoria presentato per ammonire contro crimini di guerra (ed in realtà usato in senso strumentale razzista e filosionista dai garanti del nuovo disordine mondiale) si presentino quali esempi di virtù affermazioni di Elie Wiesel, scrittore e giornalista ebreo nato in Transilvania, che "per non dimenticare" (evidentemente sentimenti di rancore) dichiara: "Non bisogna piangere per la morte di Arafat" ed ancora: "Bush è un pacifista che non scatenerebbe mai una guerra in Medio Oriente". Che l'ultima affermazione sia frutto solo di una generosa illusione, chiaramente smentita dai fatti? Naturalmente l'attacco all'Iraq purtroppo c'è stato, ma Wiesel non se n'è rammaricato, dicendosi anche favorevole ad esso, e paragonando i resistenti iracheni, da lui ingiustamente definiti indiscriminatamente terroristi, ai nazisti tedeschi. Wiesel afferma infatti che, poichè i nazisti tedeschi hanno ucciso sei milioni di ebrei con camere a gas, fucilazioni ed esperimenti medici, Israele abbia il diritto di attaccare preventivamente anche coloro che ritenga lo minaccino. E' tuttavia proprio qui la chiave di volta che spiega la disinvoltura delle avvilenti dichiarazioni di Wiesel, un tempo internato ad Auschwitz. Spiega infatti Sergio Romano: "Il ricordo del genocidio continua a essere il terreno su cui l'ebraismo e la sinistra possono incontrarsi e collaborare. Per l'ebraismo il ricordo dei massacri nazisti è uno scudo contro le persecuzioni future. Per la sinistra è la <<prova>> che il <<ventre della bestia>>, come avrebbe detto Brecht, <<è sempre gravido>> e che il fascismo è una categoria permanente della storia umana".

Sergio Romano ex ambasciatore italiano in Russia e giornalista

Con queste ultime affermazioni si scopre l'arcano, e cioè il perchè perfino qualche giornale di sinistra abbia ospitato testimonianze di Wiesel senza aggiungere alcuna presa di distanza.... [Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: Rinascita, il Quotidiano di Caserta, Ordine Futuro, Ciaoeuropa, L'Altra Voce, Il Popolo d'Italia]



Antonella Ricciardi