Seconda intervista ad Antonella Ricciardi alla radio iraniana I.R.I.B.
La trascrizione che segue riguarda la rubrica “Tavola rotonda” di IRIB, la radio giornalistica pubblica iraniana, anche in questo caso condotta dal giornalista Abbasi, con ospiti me e la dottoressa Monia Benini; purtroppo, per problemi tecnici non ho potuto recuperare la parte d’intervista riguardante le risposte della Benini, tranne i ringraziamenti e saluti iniziali e finali (parte d’intervista della Benini che comunque è andata in onda, integralmente, in maniera del tutto comprensibile nelle edizioni in italiano e in farsi di IRIB; problemi tecnici, quindi, che si sono presentati a me e non ad IRIB, che ha quindi mandato in onda gli interventi miei e della Benini senza parti mancanti).

ABBASI: “Tavola rotonda: in nome di Dio, salve gentili ascoltatori, benvenuti all'appuntamento di questa settimana, a questo dibattito in Studio. Oggi, dopo mesi, torniamo a parlare di un problema internazionale, che da anni sembra davvero senza fine: parliamo di Palestina... a fra poco. Allora, gentili ascoltatori, prima di iniziare nel vivo della discussione, come di consueto iniziamo con la presentazione dei gentili ospiti: abbiamo in collegamento telefonico con noi la dottoressa Monia Benini, presidente della lista "Per il Bene Comune": salve, dottoressa, e grazie per avere accettato il nostro invito.


BENINI: "Salve, e grazie  a voi per avermi invitata".


ABBASI: "E' con noi anche la dottoressa Antonella Ricciardi, studiosa ed autrice del libro "Palestina-una terra troppo promessa": salve e grazie per la sua partecipazione".


RICCIARDI. "Salve, e grazie a voi, naturalmente".


ABBASI: "Da oltre 70 anni la parola Palestina è sinonimo di guerra, morti, feriti... Il problema di questa terra contesa sembra davvero un dramma infinito, e sono pochi, sempre minori, gli spiragli di speranza. Oggi vogliamo parlare un po' degli ultimi fatti inerenti a questa terra e pure vogliamo fare un riferimento alla storia sempre per poter comprendere meglio i fatti... intanto, si potrebbe partire dallo stesso termine Palestina, che è ormai ambiguo: cosa vuol dire "Palestina"? Quella del 1948? Le terre del 1967? Oppure quei due pezzetti di terra divisi tra loro, cioè Gaza e Cisgiordania? Qual è la giusta definizione? E iniziamo proprio da qui...: […] Dottoressa Ricciardi, da un punto di vista storico, visto che lei se n'è occupata maggiormente, da un punto di vista legale, quale sarebbe la vera Palestina?"


RICCIARDI: "Allora, questa è una domanda sicuramente molto, molto importante e che sottolinea un nodo cruciale: la Palestina storica in realtà va oltre i territori della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, e comprende anche decisamente quello che attualmente è Israele, che è il 77% della Palestina storica, che comprendeva appunto l'attuale Israele, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e una piccola porzione di Golan, che perlopiù, però, è siriano...e vediamo in effetti che questa terra aveva una stragrande maggioranza di popolazione palestinese. I palestinesi erano la maggioranza della popolazione all'epoca della spartizione: erano circa il 70% della popolazione...quindi, se fosse stata data loro la parola, se avessero fatto scegliere a loro se ci dovesse essere o no questa partizione, questi sicuramente avrebbero (secondo quanto avevano poi anche espresso) voluto che la Palestina rimanesse unita. Ricordiamo, inoltre, che i palestinesi erano oltre il 90% all'epoca della Prima Guerra Mondiale...quindi, all'epoca dei primi insediamenti (spesso illegali) dei coloni ebrei. Quindi, questa maggioranza del 70% che rimaneva sarebbe stata ancora maggiore se non ci fosse stata questa colonizzazione abusiva di ebrei provenienti perlopiù dall'Europa...per cui, certamente la Palestina va oltre Cisgiordania e Striscia di Gaza: storicamente e geograficamente".


ABBASI: "Benissimo: quindi oggi dobbiamo dire, constatare che ai palestinesi è stata tolta gran parte della loro terra. Ora, ci sono diverse opinioni: c'è chi dice che i palestinesi dovrebbero riprendersi la loro terra attraverso il dialogo, intrattenendo negoziati; c'è chi dice  che i negoziati non servono, e bisogna passare alle armi. Secondo lei, dottoressa, quindi, qual è la via migliore che questo popolo può ricercare per riprendersi le terre perdute e per tante altre cose: per recuperare i propri diritti, diritti perduti....sono tanti, non sto qua ad elencarli...[…]; ora faccio la stessa domanda alla dottoressa Ricciardi: considerati i 60 anni di crisi in Medio Oriente, oltre 60 anni, qual è la via di uscita migliore che i palestinesi possono intraprendere?"


RICCIARDI: "Mah, diciamo che purtroppo, effettivamente, i negoziati, almeno nel modo in cui sono stati condotti, con una mediazione non certo sopra le parti degli Stati Uniti (che poi erano i mediatori, diciamo così, determinanti), non hanno portato assolutamente a risultati soddisfacenti, e quindi, in effetti, dei negoziati condotti in questa maniera, ecco, io non li vedo assolutamente forieri di sviluppi positivi. Insomma, ricordiamo che i palestinesi dei territori di Cisgiordania e Striscia di Gaza stanno su circa un 23% di Palestina storica, e di questo 23% sono arrivati a controllare direttamente circa un 20%: quindi si tratta di una percentuale talmente bassa, talmente minima, talmente che ricorda i Bantustan del Sudafrica (insomma, delle enclavi di territori circondati da una potenza ostile). Insomma, non credo in questi tipi di negoziati. Sicuramente la Resistenza armata è stata inevitabile, ed è stata un esempio di eroismo per l'umanità. Poi, se ci potessero essere, se si potesse integrare tutto ciò anche con dei negoziati (ma condotti in maniera più onesta), diciamo: ben vengano...ma io ho i miei dubbi che ciò possa avvenire...spero possa avvenire, ma certamente, attualmente, non ci siamo ancora. E secondo me c'è stato qualche errore anche da parte di una certa leadership palestinese di Al Fatah, che ha ceduto troppo facilmente su dei punti. Certo, era con le spalle al muro, però, comunque quando si scende già al minimo di richiesta è chiaro che poi l'altra parte si trova già facilitata, e tende a far scendere al di sotto del minimo le richieste, diciamo così, di base. Infatti, vediamo che Israele non ha mai accettato l'idea di uno Stato realmente indipendente, con una propria sovranità, con un controllo dei confini, ecc..., nei territori di Striscia di Gaza e Cisgiordania, che pure sarebbe stato comunque un qualcosa di assolutamente minimo per i palestinesi, e, in fondo, di molto vantaggioso per Israele, che si è appropriato, in modo contrario al diritto naturale, ripeto, di quasi l'80% del territorio  palestinese. Poi, se si applicasse, voglio sottolineare, una vera democrazia in quei territori, e si permettesse il ritorno dei profughi palestinesi (peraltro sancito dal diritto internazionale) vediamo che quei territori, democraticamente e non con la violenza, tornerebbero a maggioranza palestinese, e quindi, insomma, democraticamente e non con la violenza si sovvertirebbe lo Stato sionista, che non esisterebbe più in quanto sionista. Quindi, ci sarebbero pure dei modi per ripristinare una certa giustizia, però al momento, ovviamente, questo è difficile: è molto difficile. Però, ripeto, i negoziati dovrebbero essere condotti in maniera, in modo più equo: la giustizia stessa è equilibrio, e finora di equilibrio non ce n'è stato quasi per niente."


ABBASI: "Allora, grazie. Facciamo una piccola pausa e poi torniamo in Studio. I territori palestinesi, come abbiamo detto all'inizio, sono divisi: c'è la Striscia di Gaza e c'è la Cisgiordania, ed è una divisione non solo sul territorio, ma coincide anche con le fazioni politiche palestinesi: abbiamo Hamas e abbiamo Al Fatah...questi due gruppi che non riescono più nemmeno a trovare l'unità. Ci sono, come sempre, diverse opinioni su entrambi i gruppi: c'è chi definisce, ad esempio, Al Fatah un gruppo serio, Hamas no, al contrario c'è chi definisce quelli di Al Fatah un po' traditori nei confronti degli ideali del popolo palestinese, invece ad Hamas dà dei difensori. […]
Allora, volevo fare qui solo una domanda alla dottoressa Ricciardi: se questa cosa dell'embargo, in maniera davvero così asfissiante abbia dei precedenti nella storia del conflitto israelo-palestinese...".


RICCIARDI: "Beh, sì, vediamo che comunque la strategia dell'assedio purtroppo è stata utilizzata in parecchi casi, insomma, per quanto riguarda il conflitto con i palestinesi: già le stesse città autogovernate della Cisgiordania venivano, praticamente, diciamo, comunque strette nella morsa dell'assedio da parte delle autorità israeliane, da parte delle stesse colonie, che alla fine sottraevano acqua, per esempio: anche questo è un modo per creare, comunque, una stretta, attorno a delle comunità: ricordiamo che gli israeliani controllano circa l'80% dell'acqua della Cisgiordania; ricordiamo che anche all'estero i palestinesi sono stati spesso assediati: per esempio, possiamo ricordare quanto avvenuto in Libano nel 1982, dove, per distruggere le basi dei palestinesi, si è dato vita a una terribile campagna, detta "Pace in Galilea", che ha portato all'uccisione, da parte dell'esercito ebraico, di circa  20.000 civili, palestinesi e libanesi, eccetera... Però, quest'ultimo embargo è particolarmente grave, perchè è stato, diciamo così, innanzitutto istituzionalizzato...e poi è stato, insomma, voluto da una serie di posizioni unilaterali non solo israeliane, ma anche americane ed europee, appunto: con questo fatto di avere inserito Hamas tra le organizzazioni terroristiche, nonostante che il gruppo di Hamas non si possa ridurre a un'organizzazione terroristica, e senza guardare al terrorismo, che lì è anche e soprattutto di Stato, israeliano. Quindi, voglio dire, io trovo, dal punto di vista concettuale, simbolico, insomma, una maggiore gravità in un embargo che non è soltanto un embargo israeliano ma che vede complici anche i governi europei, americano... Un embargo che è stato attenuato per una serie di beni di prima necessità, ecc..., ma che comunque permane, e che è assolutamente criminale. Poi ricordiamo che, storicamente, spesso l'arma dell'embargo è stata usata per indebolire un nemico, e poi per colpirlo: ricordiamo anche le varie strategie americane in questo senso, ricordiamo l'embargo nei confronti dell'Iraq; altri casi possono essere, per esempio, quello di Cuba, e così via...ma comunque è sempre stata un'arma proprio per sfinire: per sfinire, e poi, molte volte, per attaccare militarmente, tant'è che poi, anche se non si è riusciti a rovesciare Hamas nella Striscia di Gaza, però in effetti l'operazione "Piombo Fuso" avrebbe voluto dare il colpo di grazia  ad Hamas. Oltretutto, guarda caso (ma non è un caso) in realtà fatta propria mentre la presidenza dell'Unione Europea andava alla Repubblica Ceca che era comunque desiderosa, insomma, di avere un posto migliore nell'ambito dei Paesi appunto in contatto con la NATO. Quindi, comunque poteva, in qualche modo, chiudere un occhio di fronte a questi crimini. Sono cose, comunque, secondo me studiate anche a tavolino: hanno dei fini molto precisi".


ABBASI: "Benissimo...una piccola pausa e torniamo in Studio. Al di là del problema di molti Paesi che vogliono chiudere un occhio su questa amara realtà della Palestina, e che preferiscono il silenzio, c'è anche il problema dei media: uno dei temi che entra in più stretto contatto con il problema palestinese. Le notizie serie sulla Palestina mancano, e, se ci sono, o non raggiungono il pubblico (ad esempio, in Italia c'è un'ottima agenzia, che si chiama Infopal, e diffonde notizie esatte, ma non ho visto mai che i quotidiani riportino le notizie che porta), poi, oppure, ci sono sempre notizie serie sulla Palestina, ma finisce che appunto i mass media che hanno scelto di dare queste notizie vengano aggrediti. E lo abbiamo visto recentemente nel caso del tabloid svedese "Akton Blad" [che aveva accusato Israele di traffico di organi umani, n.d.R.]. Ora, volevo chiedere alla dottoressa Ricciardi: secondo lei, perchè questo avviene?"


RICCIARDI: "Mah, è chiaro che, praticamente, l'informazione, purtroppo, ha dei grossi problemi. Anzi, forse i problemi più visibili sono proprio quelli dell'informazione, perchè chiaramente la lobby sionista è potentissima, e quindi, in effetti, tende ad influenzare, a mettere il bavaglio, anche a causare episodi di autocensura, possiamo dire, da parte dei giornalisti. Vediamo moltissime notizie che non vengono date dai grossi mezzi d'informazione, e invece chi le dà viene, perlopiù, ignorato, e relegato in piccoli giornali, molte volte, e così via. Tanti punti chiave non vengono ricordati: ad esempio, esistono tantissime dichiarazioni di sionisti che dichiarano i loro piani criminali: ad esempio (per dirne una delle tantissime) lo stesso Sharon dichiarava apertamente nel '98: "Non c'è sionismo, colonizzazione o Stato ebraico senza lo sradicamento degli arabi e l'espropriazione delle loro terre". Eppure queste notizie molte volte non vengono assolutamente ricordate, nonostante che siano, poi, alla fine, numerosissime le dichiarazioni arroganti di questa natura. Non vengono ricordati dei punti basilari sul conflitto: tipo che, ad esempio, all'epoca della nascita dello Stato d'Israele, gli ebrei, in realtà, erano proprietari soltanto del 6% delle terre, quindi questo vuol dire che il 94% era in mano palestinese, a parte il fatto che comunque avere la proprietà su delle terre non significa poterci avere la sovranità sopra, e quindi, in effetti, viene ricordato, per esempio, sì, che i coloni ebrei avevano comprato delle terre, ma senza ricordare la percentuale, che era solo il 6%, senza ricordare che per il diritto, appunto, avere la proprietà di un terreno non vuol dire averci la sovranità sopra, la sovranità statuale: la sovranità di uno Stato. Quindi, secondo me, l'informazione, in un certo senso, è il primo problema, e, ripeto, vedo anche molte forme di autocensura, anche, ma questo secondo me è un circolo vizioso, perchè più ci si autocensura e più si ha timore, insomma, di dire qualcosa in più. Se ci si facesse coraggio a vicenda, e si cominciassero a dire insieme certe cose, io credo che le cose appunto andrebbero meglio. Ripeto, della Palestina si parla molto, ma spesso molto male, e quindi i punti essenziali del conflitto non vengono ricordati, per cui questo appare, più o meno, caotico, incomprensibile, a molti che ascoltano. Le parti vengono presentate come se fossero pari, ma non è così, nonostante che spesso parlino da soli i numeri... cioè, ad esempio: nell'ultima operazione "Piombo fuso" abbiamo visto la morte di oltre 1000 palestinesi, e dall'altra parte ci sono stati circa 10 morti, alcuni dei quali, in realtà, erano anche arabi colpiti per sbaglio: quindi, insomma, non c'è proprio paragone, non c'è minimamente paragone. L'antico motto dell'occhio per occhio qua, insomma, è diventato circa 100 occhi per occhio; basterebbe la matematica qui addirittura...la stessa proporzione, anzi questa sproporzione parla chiaro, però c'è un linguaggio mistificatorio che proprio, in effetti, nasconde queste cose: i coloni abusivi sembrano soltanto dei civili, i resistenti palestinesi sembrano dei foschi terroristi, e così via. Quindi sicuramente l'informazione (tranne lodevoli eccezioni) perlopiù non aiuta. [...]ABBASI: "Benissimo, siamo già oltre il tempo a nostra disposizione...io ringrazio infinitamente le gentili ospiti di oggi: la dottoressa Monia Benini, presidente per il gruppo "Per il Bene Comune"...grazie mille per la sua partecipazione, e speriamo di poterla ritrovare in altri programmi...".


BENINI: "Grazie mille a voi per il gentilissimo invito."


ABBASI: "Ringraziamo anche la dottoressa Ricciardi: speriamo di poterla ritrovare..."


RICCIARDI: "Grazie e saluti a tutti".


ABBASI: "Gentili ascoltatori, vi ringraziamo per essere stati con noi anche questa settimana. Se Dio vorrà saremo con voi anche la prossima, seduti attorno alla nostra virtuale tavola rotonda".

 

Intervista ad IRIB del 1° settembre 2009

 



Antonella Ricciardi , 1 settembre 2009