Sviluppi ulteriori e fondamentali sul caso di Francesco Di Dio, morto nel carcere di Opera
Nella seguente testimonianza, si esprime in modo accorato Maria Di Dio, zia del detenuto siciliano Francesco Di Dio, purtroppo deceduto nel carcere di Opera il 3 giugno 2020. Riguardo il caso, ci sono sviluppi, in quanto, dopo una iniziale ipotesi di omicidio colposo, s'indaga per una possibile azione di soffocamento esterno e riguardo la tesi, sostenuta dall'avvocato Daniel Monni, di alterazione della scena del ritrovamento del corpo. Inoltre, invece di suoi ex compagni della Stidda, era stato chiamato a testimoniare un detenuto un tempo che era stati appartenente ad altro sodalizio mafioso (la camorra), contrariamente alla normale consuetudine del carcere, che tendeva a collocare per appartenenze, sia pur del passato. Sono dati di fatto, peraltro, la distruzione della videosorveglianza, nonostante la corretta e documentata richiesta nei tempi previsti: distruzione contraria alle indicazioni di un disciplinare della polizia penitenziaria, e la fasciatura, "gessatura" professionale ad un piede amputato di Francesco: medicazione complessa anche secondo l'autopsia, dentro cui erano nascosti materiali che non è verosimile potesse avere collocato lui, data l'alta tecnicità di tale fasciatura. La medicazione era normalmente opera di un infermiere del carcere, che operava più volte al giorno: l'unico a non avere ancora deposto, nonostante tutto. Sia la situazione riguardo la videosorveglianza, che la vicenda della medicazione complessa, del resto, sono ampiamente documentate. Si ricorda ancora una volta quanto, nonostante il pentimento interiore, a Francesco venissero negati tutti i benefici, nonostante indicazioni contrarie, recenti, della Corte Costituzionale; inoltre, Francesco Di Dio doveva avere collocazione alternativa al carcere, per le condizioni di salute : era sofferente per il morbo di Burger, per cui di solito si ottiene invalidità civile al 100%; del resto, una dottoressa dell'ospedale "Sacco" di Milano, la primaria Catalano, aveva documentato la scorrettezza della sua collocazione carceraria, e la legge stessa prevede pene alternative...Inoltre, , si rimarca, per definizione stessa, il carcere non è un ospedale, per cui non può essere adeguato in condizioni in cui si richiedano cure specialistiche. A Francesco Di Dio, purtroppo, era stata negata, invece, perfino la detenzione ospedaliera; si ricorda che Francesco Di Dio non era un boss, cioè non era un capo: acriticamente, spesso il termine boss viene infatti utilizzato come sinonimo di "mafioso", ma semplici affiliati del passato non sono sempre stati capi. Gli errori di devianza nella Stidda, dovuti ad un disagio commesso a gravi problemi familiari e di tossicodipendenza, non dovevano precluderne diritto a salute, vita e reinserimento sociale; arresti ospedalieri, quindi in centri di cura esterni al carcere, sono stati più volte concessi, da direzioni sanitarie di carceri, a veri boss del passato: peraltro, correttamente, dato l'inalienabile diritto al soccorso, ma purtroppo, nel caso di Francesco, non ci sono stati analoghi coraggio e sensibilità. L'odissea di Francesco viene così ripercorsa nelle parole della zia Maria: vicende rischiarate da sviluppi di grande rilievo, attualmente in pieno corso.
Ricciardi: “Riguardo il caso di tuo nipote, Francesco Di Dio, purtroppo deceduto nel carcere di Opera il 3 giugno 2020, una situazione anomala riguarda la videosorveglianza, che è stata distrutta, nonostante fosse stata richiesta, correttamente entro i tre mesi richiesti. Al riguardo, è utile ricordare che un disciplinare della polizia penitenziaria disponesse la sua conservazione in presenza di fatti rilevanti e che la considerazione che le videoriprese avvenissero fuori dalla cella, per ovvi motivi di riservatezza, non toglie motivi alla sua conservazione, altrimenti neanche sarebbero state posizionate, a suo tempo. Cosa pensi di questa situazione, riguardo sue cause e possibili sviluppi?”
Di Dio: “Noi, famiglia Di Dio la richiesta della videosorveglianza l'abbiamo fatta fin da subito, quando è morto Francesco il 03/06/2020, telefonicamente tramite l'avvocato Eliana Zecca al direttore del carcere di Opera Silvio Di Gregorio. Il 13 luglio 2020, dopo 40 giorni per iscritto, perciò entro i 90 giorni, e quindi i filmati erano "recuperabili".
Silvio Di Gregorio risponde alla nostra richiesta il 6 novembre 2020, dopo 5 mesi, dicendo che le nostre richieste telefoniche sono avvenute in ritardo tra l'evento della morte e la nostra richiesta della videosorveglianza: assolutamente falso!!
Perché le nostre richieste telefoniche sono avvenute addirittura prima che noi facessimo la richiesta per iscritto.
Inoltre ha omesso che noi la richiesta l'abbiamo fatto anche per iscritto. Il disciplinare della polizia penitenziaria precisa che quando succede un fatto rilevante il filmato si deve mantenere per 120 giorni, quindi quattro mesi. Quando c'è reato sei mesi più 30 giorni e siccome quando è morto Francesco Di Dio hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo rientra
in tutti e due i casi.
Inoltre il disciplinare della polizia penitenziaria specifica che l'accesso alle telecamere ce l’hanno: il direttore del carcere Silvio Di Gregorio e il comandante della polizia penitenziaria Amerigo Fusco.
Chi non rispetta la legge va punito e questi signori non sono a casa loro. Inoltre, desidero ricordare che a marzo 2020 nel carcere di Opera c’è stata una rivolta dei detenuti per problema covid: in quell'occasione il direttore del carcere di Opera ha conservato la videosorveglianza, mentre quando è morto mio nipote NO.
Silvio Di Gregorio ha adottato due pesi e due misure. I filmati per accusare i detenuti se li è conservati. I filmati per la morte di un detenuto, che è fatto rilevante, NO.”
Ricciardi: “Un altro aspetto cruciale riguarda la situazione della fasciatura del piede amputato di Francesco: lo stesso medico legale nota che si trattava di una medicazione complessa, dentro la quale sono stati trovati hashish, psicofarmaci, una chiavetta Usb con file musicali ed un filmato pornografico; la complessità della medicazione, professionale, fa pensare che non sia stata opera di Franco. Del resto, era compito di un infermiere, solitamente del carcere, apportare quella medicazione. Cosa pensi di questa situazione? Anche considerando che un infermiere risulta l'unica persona a non avere deposto.”
Di Dio: “Penso che il tipo di fasciatura è stata fatta da una figura professionale specializzata qual è l'infermiere ed è lui che l’ha fatta il giorno che è morto mio nipote Francesco, ed è ancora lui che ci deve dire chi ha messo gli psicofarmaci, l'hashish e la chiavetta USB nel piede di Francesco.
Francesco è come se avesse avuto un piede rotto, un piede ingessato, fatta di tante garze e fasciature e cotone; fa pensare che il tutto sia stato nascosto prima che gli facessero la fasciatura complessa, perché in un piede ingessato non si può arrivare a nascondere nulla e soprattutto all'avampiede, che non ci si può arrivare con la mano a prendere o lasciare qualcosa e poi la fasciatura è stata trovata senza sgualciture e squarciature, ma intatta. Se li avesse nascoste lui, li avrebbe nascosti lateralmente nel piede, e non certamente nella cicatrice dell'amputazione, che era una parte dolorante e sensibile. Quando camminava e rintuzzava la cicatrice nella carta con cui riempiva la scarpa provava dolore: era una parte del suo corpo che lui non avrebbe provato ulteriormente.
Personalmente non gli ho mai visto una fasciatura di quel tipo su Francesco quando andavamo a fare i colloqui, gli ho sempre trovato una sola fascia senza cotone e garze; insomma, una fasciatura leggera.”
Ricciardi: “Altre anomalie riguardano l'ultima visualizzazione del filmino a luci rosse, certamente non visto da Francesco in quella occasione, poichè l'ultimo accesso risaliva al 2018. Inoltre, era stato chiamato a testimoniare un detenuto, "vicino" di cella, che non risultava essere uno degli abitali vicini: un certo Feliciello. Cosa pensi possano significare tutti questi dati? Ci sono ipotesi e/o convinzioni che tu abbia maturato maggiormente al proposito?”
Di Dio: “Il perito nominato dal Tribunale di Milano ha scritto nero su bianco che il film per adulti è stato copiato il 18/09/ 2018, che è la stessa data dell'ultimo utilizzo. Molto probabilmente la chiavetta è stata sequestrata dalla polizia penitenziaria lo stesso giorno che è stato copiato il film per adulti e tenuto da loro fino al 03/06/2020, giorno della morte del mio caro nipote Francesco e ricomparsa magicamente nel piede di mio nipote; ed ecco che adesso spunta anche la complicità delle guardie nell'aver dato all'infermiere la chiavetta usb per inserirla nella fasciatura del piede.
Sempre il perito del Tribunale di Milano afferma che la chiavetta è stata utilizzata su più dispositivi, perciò non era di mio nipote.
Quando andavamo a fare i colloqui Francesco portava tanti dolcetti comprati in carcere ad Opera ed anche il caffè, noi gli chiedevamo chi aveva fatto il caffè, e Franco ci diceva che lo aveva fatto il detenuto Orazio, che si trovava di fronte alla sua cella.
La cosa molto strana è che il giorno della morte di mio nipote di fronte alla sua cella ci si trovava un certo Feliciello Domenico. Franco non ha mai parlato di Feliciello.
Infine un altra fatto molto strano è che Feliciello si trovasse nella sezione di Franco, in quanto Feliciello proveniente da un'associazione diversa di Franco.
Quando andavo in carcere, una signora mi ha spiegato che in carcere i detenuti li dividevano in base all'associazione di appartenenza per evitare che litigassero tra di loro.
Quindi il Feliciello era fuori luogo nella sezione di Franco, in quanto appartenente ad una diversa associazione.
In effetti non so cosa pensare sullo spostamento dei detenuti. Forse, Paolello è stato spostato per non fare vedere e per non fare sentire quello che succedeva.”
Ricciardi: “La vicenda di tuo nipote è particolarmente straziante, per diversi aspetti, differenti, ma che s'intrecciano: gli venivano negate tutte le attenuazioni del grado d'intensità della pena, nonostante la buona condotta e la funzione rieducativa della pena, sancita dall'articolo 27 della Costituzione; la collocazione carceraria non era adeguata per le sue patologie, secondo quanto asserito dal medico, dott.ssa Catalano, dell'ospedale "Sacco” di Milano; altre circostanze della morte di Francesco non sono appunto chiare. Cosa pensi di queste possibili responsabilità diffuse? Si è andati oltre la privazione della libertà, che era l'unica pena cui era stato condannato...”
Di Dio: “La storia di mio nipote Francesco è straziante su diversi aspetti intanto perché è stato ucciso dentro il carcere di Opera mentre era in custodia dello Stato.
Francesco è entrato in carcere quando aveva appena 18 anni, sano e pieno di vita e ce l'hanno restituito morto. Secondo l'art. 27 della Costituzione la pena deve costituire la limitazione della libertà e non deve essere contraria al senso di umanità.
Invece mio nipote è stato torturato umiliato anche davanti alla famiglia,
non una volta ma tantissime volte.
Per Francesco abbiamo chiesto gli arresti ospedalieri, perché il carcere non è un ospedale e non ce li hanno concessi.
Quando chiedevamo gli arresti ospedalieri la direzione sanitaria del carcere ha risposto anche quindici giorni prima che Franco stava bene, adesso che è morto in carcere dice che stava male ed aveva tante patologie; insomma dicono quello che gli fa più comodo a secondo le circostanze e non la verità
La verità è che Franco aveva necessità di uscire dal carcere, tante volte le malattie si manifestano quando l'anima non ce la fa più a sopportare le atrocità, aveva diritto a una struttura alternativa per il morbo di Burger, che era un urlo alla sua disperazione. Noi gli leggevamo il terrore negli occhi, la polizia penitenziaria si intrometteva anche nelle videochiamate.
Il morbo di Burger è stato un urlo della sua anima, che nessuno ha voluto sentire.
Se Franco quando era piccolino ha sbagliato per devianza della droga e per altri disagi, lo Stato ha sbagliato doppiamente nei suoi confronti, perché si è vendicato su un ragazzino e non su un boss come l'aveva definito il giornale “la Repubblica” negli anni ‘90. Poi Franco si era ravveduto moralmente.
Penso che nella vita tutti sbagliamo e tutti ci meritiamo una seconda possibilità di vita.”
Ricciardi: “Due domande in una: cosa ti aspetti dalle indagini in corso? C'è altro che senti di esprimere riguardo questa vicenda, così altamente simbolica?”
Di Dio: “I primi otto mesi dopo la morte di Franco ci siamo affidati completamente alla giustizia italiana, senza presentare nessuna denuncia. Ma siamo stati delusi profondamente perché il Pm Cristian Barilli ha chiesto l'archiviazione. Il caso di mio nipote non è stato archiviato perché il nostro medico legale ha affermato che Franco è morto per asfissia provato dall'esterno ed è passato al Tribunale di Milano. Noi da parte della Procura di Milano non sappiamo nulla, perché le indagini sono secretate.
Spero che il Tribunale di Milano prenda il dramma che è successo a mio nipote e a noi famiglia Di Dio a cuore, affinché venga fuori la verità e i colpevoli consegnati alla giustizia e che dentro le carceri non succeda mai più quello che è successo a Francesco.
Non servono strutture nuove quando il carcere è criminale, invece serve innanzitutto togliere dal carcere chi ci lavora con mentalità criminale. Mi aspetto che Franco venga ricordato come martire della giustizia italiana, affinché vi sia un carcere più umano e corretto.
Il carcere dovrebbe essere contrario ad ogni forma di disumanità, ma purtroppo non è così, tutto ciò che dico è contemplato nella Costituzione. Ma alcuni lavoratori della polizia penitenziaria hanno una mentalità criminale superiore ai detenuti che invece di rieducarli, li ammazzano. Ed è un bene che si sappia quello che succede dentro le carceri.
Dentro le carceri deve essere affermato lo stato di diritto e non macellerie. Ovvio che non parlo di tutte le carceri ma quelli che ho visitato io sono simili; nel mio immaginario pensavo che il carcere di Opera, trovandosi a Milano, doveva essere più avanti come civiltà. Invece è il peggiore tra quelli che ho visitato.”
[Questo servizio è stato pubblicato sul giornale on line "Caserta24ore-Il Mezzogiorno", sui giornale online "Milano Zone" e "Quaderni Socialisti", sul giornale in carta stamapata e telematico "Il Lavoro" (in versione sintetizzata) su "La Civetta" (trimestrale, in versione web)]
Introduzione e quesiti di