Intervista a Margherita Calderazzi |
Margherita Calderazzi, sindacalista dello Slai Cobas |
D.) Il sindacato di cui lei fa parte, lo Slai Cobas, è in prima fila nell'impegno per impedire che la nuova base navale Chiapparo di Taranto divenga un avamposto U.S.A., nell'ambito della N.A.T.O., per il piano di Bush di guerra infinita in Medio Oriente, oltre che un luogo di molto pericolosa presenza di sommergibili nucleari statunitensi. Quali sono le principali iniziative che avete promosso e proponete in merito, e quali organizzazioni vi appoggiano in questi impegni?
R.) Stiamo facendo da mesi una battaglia contro la base navale. Questa lotta ha assunto un salto di qualità e di necessità perchè questa base deve diventare a gestione U.S.A.: quindi di fatto diventerà la base più importante nel Mediterraneo, interna ai rapporti U.S.A-Italia, nei quali il governo italiano appoggia pienamente i progetti di guerra infinita di Bush, che attualmente hanno l'Irak come centro. Tanto che, nelle dichiarazioni ufficiali di membri della NATO e di esponenti militari italiani, è stato detto esplicitamente, in periodi recenti, che la base di Taranto, oltre a essere una base dalla quale partiranno azioni di guerra, oltre a essere una base nella quale ci saranno sommergibili con missili nucleari, abbia una funzione antiterrorista: ciò indica il ruolo centrale in termini di guerra che in realtà si vuole affidare alla base americana. Questa trasformazione della base di Taranto diventa così un caso nazionale.
D.) Colpisce ed è clamoroso anche che l'Italia ufficialmente abbia rinunciato al nucleare e poi ospiti il nucleare di qualcun altro: che ne dice? R.) Certo. Tra l'altro è esemplificativo che nel mese di giugno a Taranto ci sono stati nella nuova base delle esercitazioni in prospettiva di ciò che è successo in Russia con la storia del sottomarino... D.) Il Kursk, il sottomarino nucleare affondato nel 2000? R.) Sì...si sono fatte così
delle esercitazioni simulando un incidente di un sommergibile con missili
nucleari: infatti gli incidenti sono possibili.... Le esercitazioni concernevano
come i militari si dovessero difendere; c'è poi un piccolo particolare, che
in realtà non è esattamente piccolo: le possibilità di difesa della popolazione
civile non sono state messe all'ordine del giorno... Quindi a Taranto la
situazione è grave. Noi ci stiamo mobilitando da circa un anno e mezzo su
questo. La prima manifestazione esplicita contro il nuovo ruolo della base ci
fu un anno fa, in occasione della inaugurazione della nuova base navale. Tale
manifestazione fu proprio davanti alla base, raccolse le prime voci, le prime
espressioni d'opposizione ad essa, sia a livello locale sia regionale. Fin da
allora noi ponemmo la necessità, da un lato, di rendere questa battaglia di
centralità nazionale, dall'altro lato di coinvolgere i lavoratori in questa
opposizione. Oltre alle lotte dei lavoratori è importante coinvolgere settori
pacifisti, contro la guerra. Da parte sindacale purtroppo ci fu solo una
presenza abbastanza sparuta di una delegazione della Fiom. |
L'Ilva di Taranto |
D.) Come può essere successo
che su cose così fondamentali, cruciali, come la vita, la sicurezza, in tanti
si siano così poco fatti avanti? Eppure è difficile trovare tematiche più
importanti di queste... Che ne pensa?
Un gruppo di nepalesi. La solidarietà dello Slai Cobas è attiva anche nei confronti di questo popolo |
R.) Il problema è che purtroppo, appunto, questa situazione qui viene denunciata e portata avanti come opposizione solo da settori ristrettissimi. La difficoltà è che tutto l'arco dei partiti, dalla Casa delle Libertà al Centrosinistra, e quindi ciò riguarda anche i partiti di riferimento dei sindacati, ad eccezione di Rifondazione Comunista, di fatto non si oppongono a questo stato di cose. Alcuni appoggiano esplicitamente questo nuovo ruolo della base, spacciando questo mutamento di ruolo della base quale opportunità per la città. Parlano di opportunità in termini d'immagine, di opportunità economiche, mentre noi neghiamo fermamente che le cose stiano in questi termini. Altri partiti facenti parte del centrosinistra, o, ad esempio, il presidente della provincia, espressione pure di una giunta di centrosinistra, appoggia a sua volta la nuova base. In diversi altri casi sulla questione c'è il silenzio... nel novembre scorso c'è comunque stato un convegno, importante perchè noi vi abbiamo posto l'ordine del giorno sia sulla necessità di un referendum, in modo che sia la popolazione di Taranto ad esprimersi su questa base navale, sia sul problema di una rete tra tutti i comitati, tra le forze anche a livello nazionale, nei vari siti in cui ci sono le basi o progetti di militarizzazione, che coordini questi impegni.
|
D.) In particolare in
Sardegna c'è una forte lotta contro queste basi nucleari. E' un esempio anche
per voi?
R.) Sì. Tra l'altro in Sardegna hanno portato avanti la proposta di un referendum che è stato solo parzialmente accolto: il referendum infatti non è passato sulla questione della base in sè, ma è stato autorizzato su quella delle scorie nucleari e dei rifiuti tossici che la base produceva. Dalla Sardegna viene quindi questa strada secondo noi importante, per la partecipazione della popolazione che si oppone a certi atti. La base di Taranto peraltro non produce occupazione: un esempio su questo è dato dai lavori stradali che stanno compiendo vicino alla base ed in funzione della base: guarda caso, li sta facendo una ditta di Lecce, con lavoratori tutti del di fuori di Taranto. Ciò porta poi ad una chiusura di piccole e medie economie locali. A giugno, in occasione delle esercitazione per i sommergibili, abbiamo attuato un'altra iniziativa davanti alla base, perchè noi riteniamo assolutamente necessario non tanto manifestazioni generiche, quanto rendere visibile con manifestazioni davanti alla base una opposizione fisica da parte nostra nei confronti dell'utilizzo della base stessa. Stiamo raccogliendo le firme per fare tenere anche qui un referendum consultivo, e per l'11 settembre abbiamo in programma una nuova grossa mobilitazione, che dovrebbe comprendere anche presenze nazionali.
D.) Un altro tema per il quale lei si è intensamente impegnata è quello della sicurezza per i lavoratori di fabbrica della Acciaierie Ilva, ancora a Taranto. Operai e delegati lì infatti sono minacciati di licenziamento per avere scioperato contro la mancanza di sicurezza del Convertitore, che è stato accertato essere insufficientemente sicuro, e che ha già provocato addirittura morti e feriti. Lei ha più volte anche ricordato con indignazione le parole a questo proposito dell'industriale Riva, che ha minimizzato, affermando che l'Ilva è come una città di 20.000 abitanti nella quale può capitare che una massaia si faccia male sbucciando patate.... Quali pensa siano le possibilità di successo per questa fondamentale battaglia?
R.) Qui ci troviamo davanti ad un'azienda che praticamente è la prima, la più grande anche in termini di numero di operai concentrati in una sola impresa: è infatti la maggiore in Italia, quanto a siderurgia è la prima in Europa. All'interno però è come se si entrasse in gironi infernali, nei quali gli operai sono ogni giorno costantemente a rischio. Lì c'è una media, in alcuni periodi, di un morto al mese, ci sono continui infortuni, da gravi a medi, ecc.... Negli ultimi anni, in cui c'è stato quasi un totale ricambio generazionale, queste morti e infortuni colpiscono in particolare i giovani, anche di 24, 25, 27 anni, che muoiono o restano invalidi a vita. E la situazione in effetti sta peggiorando, con un ruolo appunto di padron Riva che è assolutamente arrogante e influenza chiaramente tutto lo staff di capi nella fabbrica: per cui molti di questi infortuni avvengono perchè i capi turno obbligano i lavoratori con minacce, ricatti, ecc...a eseguire lavorazioni anche se non sono attuate le misure di sicurezza, anche se gli stessi lavoratori pensano che ci potrebbe essere un pericolo. Questo per esempio è avvenuto in quest'ultimo periodo, con quello che c'è stato nell'Acciaieria 1: lì due delegati, per cui c'è ora la procedura di licenziamento, avevano già in altre occasioni denunciato, o fatto anche esposti alla magistratura, in merito alla circostanza che il convertitore aveva delle perdite di acqua, che, a contatto con la ghisa bollente, già aveva provocato esplosioni, che pochi mesi fa avevano già causato delle ustioni agli operai che vi lavoravano vicino. Quindi anche questa volta la situazione si presentava di pericolo con perdite di acqua, appunto rischio di esplosione, e così i delegati e gli operai che vi dovevano lavorare, dopo avere già denunciato all'azienda questa situazione, a fronte del fatto che l'azienda, attraverso i capi, aveva detto che si doveva comunque lavorare presso questo Convertitore, hanno dichiarato sciopero. Il fatto che fosse fondata la preoccupazione di questi delegati ed operai è dimostrato dalla circostanza che due giorni dopo l'ispezione dell'Asl ha portato al fermo dell'impianto, confermando appunto il pericolo denunciato dai lavoratori. Ora a questo proposito il problema è la situazione rispetto a questi lavoratori licenziati... A fronte della posizione dura, irremovibile, arrogante, da parte dell'azienda, di Riva, dall'altra parte è come se si volesse combattere un grande mostro con il coltellino. In un primo momento la Fiom aveva indetto lo sciopero, poi invece l'ha revocato...
|
L'industriale Emilio Riva |
D.) In che modo è stata motivata questa revoca?
R.) La Fiom ha asserito di preferire attuare una procedura legale contro l'azienda; è il primo passo verso la procedura di licenziamento. Secondo noi, invece, questo non può bastare assolutamente.
D.) Anche perchè così non si
fermano i lavori resi pericolosi: è così?
R.) Il Convertitore è stato fermato, però chiaramente nelle settimane precedenti, nei mesi precedenti, c'erano stati sempre lì in Acciaieria tanti altri infortuni, cinque precisamente, alcuni dei quali gravi, per altri motivi, e quindi c'è una situazione per la quale occorrono delle risposte eccezionali ad una situazione eccezionale, che non si verifica in alcuna altra fabbrica. Noi stiamo sostenendo che per prima cosa è necessario, a fronte di questi licenziamenti, in una situazione di attacco alla sicurezza, fare uno sciopero, non della sola Fiom perchè le altre, Fim e Uilm fanno unicamente un discorso che mira ad ottenere nuovi incontri con le aziende: ma di incontri ce ne sono stati tanti, e la situazione non è cambiata realmente. Secondo, noi proprio domani, con la presenza di uno dei delegati licenziati, abbiamo un incontro con il direttore della Direzione del lavoro, cui chiederemo l'organizzazione all'interno dell'Ilva di una postazione dell'Ispettorato del lavoro o quanto meno di una presenza continua fissa ogni settimana di un pool d'ispettori che sia costantemente presente in Ilva e che diventi anche un punto di riferimento per i delegati e gli operai che vogliono fare segnalazioni, denunce, e così via. Un'altra questione è quella degli esposti che già abbiamo presentato alla magistratura e che continueremo a fare. Il problema reale, ripeto, è che alla linea di assoluto attacco alla salute e all vita dei lavoratori da parte dell'azienda, da parte di Fim e Uilm non c'è un'adeguata opposizione: spesso anzi sembrano i portavoci dell'Ilva, invece che i sindacati che devono difendere i lavoratori. Quanto alla Fiom, a volte predica bene ma poi non traduce nei fatti queste intenzioni, ed in nome dell'unità sindacale rientra in un discorso unitario con Fim e Uilm: ultimamente c'è stato un ulteriore incontro sulla questione della sicurezza, dal quale è scaturito qualcosa di veramente ridicolo, nel senso che dovrebbe venire una ditta esterna con degli esperti esterni per fare una verifica della sicurezza, mentre gli operai denunciano già precisamente ogni giorno che cosa non va, non c'è qualcosa da scoprire. Inoltre, scaricando quasi la colpa sugli operai, si dice che al massimo si farà un po' di formazione in più, qualche ora in più di formazione professionale per gli operai: i capi dell'azienda parlano sempre di errore umano, di disattenzione dei lavoratori, in una situazione nella quale invece i giovani operai vengono usati come carne da macello, sono mandati allo sbaraglio, spesso facendo due turni consecutivi di lavoro, in situazioni in cui già fare un turno vuol dire non avere la sufficiente lucidità mentale. Noi temiamo quindi che se non c'è un'adeguata risposta di sciopero le cose non si risolveranno: spingiamo per questa reazione, anche se, in quanto Cobas, siamo una realtà piccola all'interno della fabbrica, motivo per cui non possiamo indire scioperi da soli.
D.) Comunque le lotte dei
Cobas sono nonostante ciò molto note. Pensate di riuscire ancora di più a
diffondere una coscienza collettiva per raggiungere certi obbiettivi?
R.) Il nostro problema sono i
lavoratori, i delegati che vogliono effettivamente muoversi: in particolare fra
i delegati questi sono pochi. Per questo quei due delegati sono stati colpiti,
dal momento che erano quasi gli unici che si muovevano, e quindi se ne si voleva
liberare. Un vero cambio di clima può esserci soltanto con una ribellione degli
operai, cosa che ad esempio c'è stata con delle avvisaglie, delle possibilità,
due anni fa, con la morte, il 12 giugno 2003, di due giovani operai per il
crollo di una gru. Fu una tragedia che fece molto scalpore, fu molto sentita dai
compagni di lavoro, dai giovani ancora in formazione lavoro, che rompendo i
timori e gli indugi di non essere poi riconfermati, scesero in sciopero,
bloccarono le portinerie, fecero presidi, ecc...
D.) Speriamo che non sia
soltanto un'altra tragedia a rendere possibile questo tipo di sciopero...
R.) Certo è che solo una
ribellione in questo senso può cambiare le carte in tavola. Questo perchè con la
linea che sta portando avanti la Fiom, unicamente di denuncia, di assemblee che
faranno in questa settimana con Fim e Uilm, di procedura legale, il timore reale
che noi abbiamo è che veramente al massimo ci saranno delle soluzioni
compromissorie per i sette operai a rischio di licenziamento, ma davvero c'è il
rischio che i due delegati vengano licenziati: e questo non deve assolutamente
passare.
D.) E' ancora molto forte il
rischi d'incidenti mortali all'Acciaieria Ilva di Taranto, quindi?
R.) Tutti gli operai che entrano
in fabbrica la mattina non sanno se ne usciranno vivi.
D.) Sta descrivendo una
situazione da trincea: siamo arrivati a questo punto...
R.) E' una situazione tale che
non si riscontra in alcuna altra fabbrica. Siamo a migliaia di morti, peggio di
alcune guerre. Quando un Riva fa il paragone della massaia con le patate vuol
dire che non vuole affrontare il problema, che considera la situazione normale,
che mette in conto i morti: il mostro del capitalismo lo si vede in queste
semplici parole. Per Riva sono molto più importanti le perdite economiche sugli
utili programmati che la mancanza di sicurezza in fabbrica, tanto ci sono altri
giovani che entrano. C'è purtroppo poi il caso di uno dei giovani che morì nel
crollo della gru del 2003, quando l'azienda ha proposto di assumere il fratello
della vittima. L'Ilva ha così assunto il fratello del giovane morto, e la
contropartita è stata che la sua famiglia non si è costituita parte civile nel
procedimento contro l'azienda...
D.) Quindi questa famiglia è
stata blandita sfruttando la sua stessa necessità economica, purtroppo...
R.) E' proprio così...
R.) Abbiamo non a caso fatto coincidere l'incontro con Sammi Alaà, rappresentante della Resistenza irakena in visita in Italia, con la denuncia del ruolo antiterrorismo che si vuole dare alla base di Taranto: ci siamo ritrovati davanti alla base, per denunciare il vero terrorismo, che è di Stato, da parte dell'espansionismo neoconservatore statunitense. Noi, poi, appoggiamo tutti i movimenti, le lotte di liberazione, di Resistenza, che vi sono nei vari Paesi: dall'Irak alla Palestina, e quindi lì dove questi movimenti di liberazione hanno pure uno sviluppo più di attacco, meno di difesa, come succede in Perù, come succede in Nepal, dove già la lotta dei popoli è riuscita a conquistare una propria forza, una propria fetta di territorio. Quindi chiaramente noi siamo fino in fondo solidali, certo non soltanto a parole. Il nostro maggior sostegno è quello di lottare contro il nostro governo, anche contro l'imperialismo nostrano.
|
Sammi Alaà, al centro, durante il suo tour a Ponticelli (Napoli) il 24 giugno 2005 |
D.) Trova servile il ruolo del governo italiano verso gli Stati Uniti d'America?
R.) Sì, il nostro governo ha un ruolo determinante nella lotta contro i movimenti di liberazione, di Resistenza.... In questo senso noi leghiamo strettamente l'appoggio alla Resistenza in Irak alla richiesta del ritiro delle truppe italiane da quella nazione.
Leggi anche: | |
Intervista a Sammi Alaà | |
Intervista a Leonardo Mazzei |