Intervista a Giuseppe Fontana

L'anarchico Giuseppe Fontana

Una vicenda dal sapore kafkiano, nella quale non sono mancati i pregiudizi politici, volti ad ostacolare una voce originale e fuori dal coro. E' questa l'immagine che viene tratteggiata in questa intervista a Giuseppe Fontana, attualmente detenuto a Palermo, che sostiene la sua estraneità a reati legati alla droga. Autore di quattro libri, saggi che fanno riferimento alla propria esperienza politica ed umana, e di poesie (per reperire i quali si può consultare il sito che lo riguarda specificamente: www.prigionierodistato.it), Giuseppe Fontana è un anarchico dalle visioni politiche duttili ed articolate: anticlericale nei confronti della Chiesa istituzionale, ammira nella figura del Cristo i tratti che lo avvicinano ai primi socialisti, persona con forti radici di sinistra, non esita a dialogare amichevolmente con quelle realtà politiche di altre visioni che convergano con lui su alcuni importanti ideali, dall'opposizione alle guerre di aggressione imperialiste agli interventi per la salvaguardia della natura e degli animali (Fontana è tra l'altro vegetariano). Giuseppe Fontana condivide così una visione del mondo a favore dell'autodeterminazione dei popoli, del socialismo, antisionista e contraria ad ogni razzismo biologico (si può ricordare che uno dei maggiori antisionisti è il musicista inglese di origine ebraica Gilad Atzom, che ha aderito però ad una spiritualità diversa dal Giudaismo, ed il suo non è un caso isolato). Le speranze di Fontana riguardo la sua attuale situazione sono in particolare affidate ad una istanza di semilibertà e soprattutto all'eventualità di una revisione del suo processo. Della sua vicenda giudiziaria si sono occupati diversi avvocati, tra cui è particolarmente noto Vittorio Trupiano del foro di Napoli, per la sua attività politica che lo ha portato ad accordi ed apparentamenti con diversi gruppi, dall'estrema destra all'estrema sinistra, oltre che per un arresto avvenuto nel 2003 per concorso esterno in associazione mafiosa (e specificamente camorristica), avvenuto nonostante fosse afflitto da tre tumori alla base della testa: procedimento conclusosi comunque senza una sua condanna. Inoltre l'avvocato Trupiano ha una propria lista elettorale (Lista Trupiano) che guida dandole diversi precisi connotati di politica sociale ed estera, in particolare a favore della libertà del popolo palestinese riguardo l’oppressione attuata dallo Stato ebraico, e contro la guerra americana agli irakeni.

1) Ti sei sempre proclamato innocente rispetto all'accusa di traffico internazionale di droga (cocaina ed eroina), contestatati dalla Procura di Reggio Calabria: tenendo conto che in questa sede non è possibile esporre una sintesi esauriente delle tue vicissitudini giudiziarie, che sono piuttosto complesse e dense, puoi comunque evidenziare alcune incongruenze nella tua vicenda processuale? In particolare, puoi chiarire meglio la contraddizione tra la tua condanna per possesso e cessione di sostanze stupefacenti negli U.S.A. da parte delle autorità italiane e la dichiarazione da parte degli agenti americani che hanno escluso ogni tuo coinvolgimento in queste attività illecite?

R.) Oltre ad essermi proclamato innocente, non appena misi piede in carcere, mi sono proclamato prigioniero di Stato; ci tengo a sottolinearlo per farti comprendere che avevo subito capito benissimo che quella/questa assurda situazione era dovuta al programma persecutorio nei miei confronti iniziato nel lontano 1984, anno del mio rientro in Italia da Berlino dopo cinque anni, città rifugio che ho scelto dopo essere evaso dal servizio militare che non volevo fare e non ho fatto, in quanto ripudio la guerra, ragione per cui fui arrestato e processato. I fatti e le vicissitudini di questa storia giudiziaria sono così complessi che meriterebbero alcuni corposi volumi per metterne a nudo le pazzesche contraddizioni di cui è pregno il teorema accusatorio che mi vuole appassionatamente colpevole. Se dovessi fare dei paragoni storici per dare l’idea del tipo di processo di cui sono vittima, vi direi di prendere un miscelatore, mettervi dentro il processo a Pound e quello a Dreyfus, e miscelarlo bene con il processo di Kafka, il risultato è più o meno il processo fatto al sottoscritto…

Le incongruenze della mia vicenda giudiziaria sono così tante ed eclatanti, che è sufficiente considerarne giusto alcune per palesare anche ai più ignoranti in materia di giurisprudenza, l’ingiusta sentenza di condanna; una di queste è senz’altro la testimonianza degli agenti dell’FBI resa nel corso del loro esame testimoniale con la quale affermarono inequivocabilmente che il mio nome e cognome lo hanno sentito per la prima volta durante una riunione tenuta dagli investigatori italiani, il giorno prima della loro udienza (contatto che la legge vieta assolutamente) “suggerito” da un relante ufficiale dello S.C.O. e dal Pubblico Ministero!...

A proposito dell’ufficiale “relante” dello S.C.O.; costui era spesso presente in aula, un giorno i nostri occhi s’incrociarono, egli era a non più di un metro e mezzo dalla gabbia in cui mi trovavo, e gli chiesi: «Perché vuoi farmi condannare per forza? Lo sai benissimo che sono estraneo a questa storia!», e lui mi rispose: «Sì lo so, se vuoi vengo in carcere a trovarti e ne parliamo…» e io: «Non abbiamo nulla di cui parlare, là c’è la Corte vai a dire la verità, che sono innocente!». Il Presidente s’accorge del colloquio e rivolgendosi all’Ispettore gli dice: «Ispettore lei ha la facoltà di avere colloqui investigativi con gli odierni imputati in carcere, non in questa sede!», chiamo l’Avvocato e gli dico cosa è accaduto e di riferirlo subito alla Corte, cosa che fa immediatamente, ottenendo dal Presidente una semplice risposta: «Ne prendiamo atto, avvocato», l’Ispettore lasciò l’aula senza smentire.

Tutto ciò è agli atti, inutilmente…!

Io sono stato arrestato con l’accusa di essere uno dei promotori del traffico internazionale di droga tra l’Italia e gli U.S.A.; le testimonianze rese dall’F.B.I. cioè da coloro che hanno accuratamente condotto l’operazione insieme allo S.C.O. italiana e svolto le indagini per anni hanno affermato che sono estraneo al traffico, che non sono coinvolto in nessun altro tipo di reato e che non sono mai stati accertati i presunti contatti, che secondo l’accusa, avrei avuto con la malavita calabrese.

2) La tua difesa ha sempre evidenziato che mai sono state trovate partite di droga direttamente riconducibili a te, oltre alla non sicura attribuibilità alla tua persona di certi riferimenti in diverse intercettazioni telefoniche, dove ad esempio è stato dato per scontato che si alludesse anche a te a proposito di un discorso generale su dei siciliani: pensi che si tratti di casi non isolati, frutto forse di una certa impostazione giustizialista?

R.) La mia difesa è stata efficientemente esaustiva nel provare assoluta estraneità relativa al ritrovamento di alcune partite di droga, sulle quali l’accusa ha tentato istericamente ma invano di costruire con surreali alchimie accusatorie responsabilità riconducibili al sottoscritto; responsabilità che poliziotti italiani ed americani, controesaminati dalla difesa hanno apoditticamente escluso. Affermando che mai nel mio passato sono stato trovato in possesso o coinvolto in storie di droga, né risulta loro che io ne abbia mai fatto uso (infatti io vado a vino rosso fatto con l’uva).

Sulle partite di droga ritrovate e sull’intero traffico di stupefacenti in Italia e all’estero, il “collaboratore di giustizia”, tale Fabrizio Pirolo, principale teste dell’accusa nonché coimputato nel medesimo procedimento e autore di innumerevoli chiamate di correità, ha coraggiosamente dichiarato in tutte le fasi dibattimentali del processo nonostante le palesi minacce del Pubblico Ministero (anche queste agli atti) la mia innocenza e ogni coinvolgimento diretto od indiretto negli affari illeciti della loro associazione, affermando in modo preciso e specifico che il “Peppe” di cui si parla in diverse intercettazioni telefoniche (delle quali egli stesso è uno degli interlocutori) e in cui l’accusa, concedendomi il dono dell’ubiquità, ha voluto identificarmi attore e regista in più parti del mondo allo stesso tempo, non è Peppe Fontana; bensì altro soggetto coimputato, specificandone addirittura il nome ed il cognome (Napoletano Peppe)!

Sicuramente non sono l’unica vittima innocente a marcire nelle prigioni di questo paese: è infatti noto a tutti che spesso i mass media danno notizie di vittime di questa scandalosa (in)giustizia scarcerate dopo decine e decine di anni di prigionia perchè scopertesi innocenti. L’ultimo dopo 16 (sedici!!) anni un paio di mesi fa.

Ad essere stato condannato, nonostante non ci sia alcun straccio di prova oggettiva e soggettiva contro di me, nonostante polizia italiana, svizzera e americana mi assolvono dai fatti contestatemi, e nonostante le dichiarazioni del “pentito” Pirolo Fabrizio (e di altri “pentiti” di altri processi che ascoltati sul mio conto hanno rilasciato dichiarazioni a mio favore che l’accusa e la Corte non hanno voluto acquisire) il quale è reso attendibilissimo per far condannare un centinaio di imputati, inclusi amici e parenti, e dichiarato inattendibile quando questi strenuamente afferma la mia innocenza (impedendomi di presentare nuove prove, elementi e testimoni così come la legge consente).

È chiara la volontà dei Giudici; persecutoria a tal punto da condannarmi per libero arbitrio, altro che in dubbio proprio!

Ciò emerge facilmente dalla lettura degli atti processuali a chi desidera un riscontro euristico.

Certamente il sistema giustizialista a seguito delle leggi emergenziali di quel periodo ha permesso ai Giudici Inquisitori di esercitare un potere incontrastato che condizionava tutti e tre i gradi di giudizio lungi dalle garanzie costituzionali e dalla legalità processuale sancita dagli inalienabili principi democratici di un paese di diritto che tale si definisse.

Non processi, ma vere e proprie esecuzioni con cui si è “giustiziato” chiunque si volesse eliminare impunemente!

La storia di quegl’anni continua ad echeggiare nelle cronache del presente attraverso chi stanco di urlare giustizia, si suicida.

Tanti sono stati i suicidi in questi anni di gente sovente povera, ignorante e impotente perché senza una lira o una lobby politica alle spalle a sostenerli.

3) A suo tempo uno dei tuoi avvocati aveva richiesto la traduzione dall'inglese all'italiano, ad opera di un traduttore specializzato, di documenti redatti dall'F.B.I. riguardo la vicenda giudiziaria nella quale sei stato coinvolto... eppure ciò non è accaduto, tanto che si è dovuto interrompere l'esame dei testi d'accusa, cercando nel frattempo di comprendere senza l'ausilio di un traduttore professionista quei testi. Inoltre, ancora a proposito di documentazione in inglese, il Tribunale ha ritenuto di ottenere la traduzione solo delle telefonate intercettate considerate essenziali, e non di tutte quelle sospette: non è chiaro, però, in che modo si sia potuto stabilire l'essenzialità di certe conversazioni, in mancanza appunto di una traduzione integrale in italiano che potesse contestualizzare quei dialoghi. C'è una interpretazione particolare che hai dato a questa storia?

R.) Tutto il processo era fondato, per quanto mi riguarda, esclusivamente su intercettazioni ambientali e telefoniche, delle quali una gran parte, per stessa ammissione del Tribunale di Reggio C., non sono state trascritte; e cosa ancora gravissima è, che i Giudici hanno ritenuto di dover far tradurre soltanto (dall’inglese all’italiano) le telefonate secondo loro utili e comode, e non la traduzione integrale di tutto il materiale agli atti dell’accusa, così come la mia difesa ha chiesto, purtroppo invano anche in appello, impedendomi attraverso un quadro probatorio completo di controllare l’accusa e dimostrare la manipolazione di contenuti estrapolati ad arte.

Il processo è viziato dall’inizio alla fine; leggendo gli atti processuali ci si può rendere conto che tutto l’iter procedurale ha violato gravemente il Codice di Procedura Penale con inaudita protervia da parte anche dei Giudici dell’Appello con la complicità finale della prima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha respinto “in toto” tutte le censure proposte dalla mia difesa, perseverando in un’impostazione illogica ed erronea, costellata, come ampiamente evidenziato, da diverse violazioni della legge processuale penale, che hanno pregiudicato le ineludibili garanzie difensive del sottoscritto.

Non ho avuto difficoltà a dare una interpretazione a questa storia, sono stato “nominato ed eliminato” (giusto per usare un linguaggio ormai comune a tutti grazie a quelle trasmissioni per guardoni dementi), da una lobby di potere in Sicilia a cui ero scomodo per varie ragioni e che approfittando della occasione e favoriti dal momento storico politico ha fatto pressioni affinché io venissi condannato a tutti i costi, riuscendoci, ciò mi è stato confermato da amici e indignati conoscenti.

Mi aveva già avvertito un avvocato amico prima che accadesse tutto ciò, mi disse dopo avere preso una condanna ad 1 (uno!) di reclusione dal Pretore del mio paese, per blocco stradale, sì, proprio così, per blocco stradale! A seguito di una protesta con un gruppo di amici contro il malaffare da parte dell’Enel nel mio paese e a seguito della spazzatura che ho raccolto a mie spese ripulendo un paese che fermentava sotto il sole estivo da una settimana vergognandomi profondamente, anche per i turisti che la fotografavano portandosi il “souvenir” profumato della F. Bella Selinunte, che ho poi scaricato su un punto all’ingresso del paese formando una collina su cui ho ficcato il cartello: “Arte Contemporanea del Sindaco!”. Mi disse, dicevo: stai bene attento Peppe, perché so che ti vogliono “fottere” parli troppo e stai sulle palle a un sacco di gente! La cosa non mi meravigliava, dopo tutte le mie lotte e il mio modo trasgressivo di vivere la mia libertà ne ero più che sicuro di stare sulle bigotte ipocrite e criminali “ruote” di tanti farisei.

Ma centinaia, migliaia di giovani e meno giovani, stavano dalla mia parte, e me lo hanno dimostrato con una raccolta di firme e collettive proteste per la mia liberazione e contro quest’immane ingiustizia senza farsi intimorire dal rumore delle manette e ancora oggi mi sono vicini.

È stato facile eliminarci, in quanto non ho un partito dietro le spalle, non sono affiliato alla massoneria, sono un nemico aperto della cupola clericale, non sono ricco, bensì un anonimo pincopallino donchisciottesco figlio del proletariato, da sempre anarchico per natura e formazione mentale con Che Guevara nel cuore, insieme alla Sicilia che vorrei libera, splendente e profumata.

4) Hai ammesso però di essere stato coinvolto in un giro clandestino di opere d'arte: consideri ci sia stata la possibilità di un equivoco tra tuoi movimenti legati a questa attività e l'accusa di traffico di droghe, dovuta anche forse a conoscenze sbagliate? Inoltre, viene da chiedersi: essendo tu sempre stato devoto all'arte, in che modo si spiega quel tuo coinvolgimento?

R.) Ho, sì, ammesso di occuparmi d’antiquariato, ma niente “giri” clandestini! Una attività autorizzata che aveva come punto di riferimento un bazar che avevo realizzato a fianco la mia terrazza bar “l’agoràzein” in Selinunte, nella quale si vendeva: dalle cianfrusaglie, alle vecchierie, all’antiquariato.

Non ho alcun dubbio che i miei guai, per quanto concerne la mia vicenda giudiziaria, scaturiscono da questa attività – viaggiavo molto da un mercatino all’altro in giro per il mondo e avevo a che fare con un sacco di gente, che in quell’ambiente è eterogeneamente “interessante”. Ero a New York proprio per concludere un affare su una partita di pezzi d’antiquariato. Sono certo che inizialmente il mio coinvolgimento nel traffico di droga è stato dovuto ad un clamoroso equivoco da parte della magistratura italiana; equivoco che la mia difesa e le polizie americana, svizzera e alla fine anche italiana, hanno chiarito facendo luce su tutto.

Avrei dovuto essere a casa da un bel po’, quanto meno dalla fine del processo di primo grado, che è durato ben sei anni, forse troppo per lasciarmi andare, anche volendo disobbedire a chi invece mi voleva “giustiziato”…

E a proposito di arte, polizia svizzera e “trattamenti particolari”, ti racconto quest’altra storiella; l’infallibile polizia elvetica, dietro richiesta della polizia italiana mi ha indagato dal 90 al 93 per sospetto di traffico di armi e
concludendo l’indagine, saltata poi fuori al processo di Reggio C., in questo modo: il sig. Fontana Giuseppe commercia in antiquariato, stop.

A seguito di quella indagine dopo un controllo avvenuto in Svizzera nel 91 la polizia mi sequestrò una partita di pezzi d’antiquariato per accertarne il legale possesso e provenienza, ma con l’intromissione della polizia italiana nell’accertamento le cose andarono per le lunghe, così lunghe che nel frattempo (94) finii in carcere senza riavere indietro i miei beni. Ma non so come la polizia italiana si fece consegnare i miei beni senza un verbale di sequestro, ritenendoli patrimonio italiano e denunciandomi, anche, per traffico illegale di antiquariato! Ne scaturì un processo tra me e lo Stato italiano che si conclude nel 2001, con la mia piena, giusta vittoria – i beni naturalmente non risultarono rubati, né patrimonio italiano, cosicché il Giudice ne autorizzò il dissequestro e la immediata restituzione da parte della Sovrintendenza ai beni archeologici di Trapani al sottoscritto; restituzione che ad oggi non è ancora avvenuta perché dicono che non sanno più dove si trovano…! Ecco questo comportamento da “Repubblica delle Banane” nei miei confronti e dei miei diritti, dovrebbe dare l’idea di quanto io sia vittima impotente contro la perfetta (quasi) trappola in cui mi ritrovo da ormai 12 anni.

La mia terrazza bar e il mio bazar mi permettevano di vivere così come desideravo, ero felice e non mi mancava niente, non avevo certo bisogno di andarmi ad infilare in associazioni kriminali (io che non sopporto neanche me stesso!) per storie di armi e droga!

5) Ti definisci anarchico: sei dell'avviso che nella tua vicenda processuale possa avere pesato anche un pregiudizio di natura politica?

R.) Sì, anche le mie posizioni ideologiche, ben note ai Giudici, hanno senza ombra di dubbio influenzato negativamente il giudizio. Percepivo in modo chiaro la loro irritazione e il loro pregiudizio contro un individuo che piuttosto che difendersi sommessamente, osava, addirittura, accusare la Corte. Soffrivano i miei urli di rabbia che tacciavano come atti di arrogante irriverenza.

In ogni caso un innocente ha il diritto di essere arrogante verso i suoi boia, la mia irriverenza consisteva nell’usare l’ironia, unica arma per affrontare una tragedia mortale. E moltissime sono le cose che di me hanno ucciso.

Ricordo bene con quale tono interrompevano le miei dichiarazioni spontanee, unico strumento diretto per difendermi. Perfino il mio avvocato è stato interrotto e minacciato apertamente: «Avvocato, si ricordi che lei difende Fontana!...» e il mio avvocato: «E lei, Presidente, si ricordi che esiste ancora il C.S.M.!».

Ma è accaduto anche di peggio, tutto è video/audio registrato, basta dare una minima guardata. Roba da clinica psichiatrica! E tutto ciò è durato sei anni, sì, dico bene, sei anni di un siffatto processo!

La cosa curiosa è che quel centinaio di miei coimputati inclusi i capi promotori (“miei colleghi”…) del traffico di droga sia negli U.S.A. che in Italia sono da un pezzo fuori. Per la verità la Corte d’Appello mi aveva offerto un concordato e la chiusura dell’appello con una condanna di sette anni, cosa che ovviamente rifiutai indignato.

Forse, come mi rimprovera un mio carissimo amico settantenne, artista trapanese, sono un ingenuo romantico e fesso idealista che non ha capito ancora che per sopravvivere bisogna essere un po’ furbi… Può darsi che abbia ragione, ma il problema è che io non voglio sopravvivere, bensì VIVERE!, E non saranno certamente delle mura ad impedirmelo.

6) Ci sono elementi particolari che la tua difesa processuale dovrebbe mettere attualmente in evidenza, e quali potrebbero essere i possibili esiti di questa strategia?

R.) Purtroppo (secondo la giustizia) la mia posizione giuridica è dal 2001 definitiva. L’unica possibilità che avrei sarebbe una revisione del processo, che per un anonimo squattrinato Pinco Pallino come me significa come essere salvato da un Ufo. Di elementi per la riapertura del processo ce ne sono una montagna, anche di nuovi; il problema è innanzitutto il trovare un avvocato “salvatore” che mi difenda con pochi euro e con determinazione. Poi dovrei avere anche la fortuna equivalente al miracolo di trovare un Giudice, non “a Berlino”, bensì a Catanzaro, sede competente, della mia eventuale revisione processuale, che abbia il coraggio di “compromettersi” per uno come me, “sputtanando” i colleghi di ben tre gradi di giudizio.

Utopia! Temo che mi toccherà contare più su un salvataggio di un Ufo! Poi le altre alternative sono anche pregiudicate dall’aggravante di non essere un seriale killer o un semplice omicida assassino…

7) Il tuo pensiero politico colpisce anche per l'originalità, che dimostra il tuo essere uno spirito libero: infatti, credi in un socialismo di mutuo soccorso ispirato alla figura del combattente argentino Ernesto "Che" Guevara, e nello stesso tempo dialoghi con spirito di amicizia anche con realtà politiche non di sinistra, dovunque ravvisi una condivisione di idee al servizio degli oppressi, contro le guerre di aggressione imperialiste... Ad esempio alcuni tuoi interventi si sono trasformati in articoli giornalistici sul quotidiano Rinascita, che ha alcune radici nel fascismo sociale ed antiborghese. Puoi indicare più in dettaglio le linee guida di questa tua visione trasversale e descrivere negli elementi principali la natura di questi tuoi sodalizi?

R.) È proprio grazie al privilegio della mia libertà spirituale ed intellettuale se posso fare politica. Cioè partecipare senza le patologiche catene dei fondamentalismi ideologici o pseudo tali, delle quali l’umanità è rovinosamente prigioniera, per immaturità e per l’angoscia ancestrale non superata, condizioni deprimenti per lo spirito e l’intelletto che impediscono la fioritura della libertà intellettiva e la formazione dell’individuo sano, cioè anarchico e non parte di una massa di acefala carne alienata da programmi criminali e criminogeni che subisce pedissequamente, facendosi complice di un sistema socio esistenziale folle. Assassino ormai necrofilo che sta annientando ogni cosa su questo pianeta seminato di bombe, cadaveri e spazzatura su cui persevera la necropornografica commedia di uomini che si definiscono umani, giusti, missionari di Dio e democratizzatori per la civiltà e la pace nel mondo, e che in verità rappresentano una bestialità satanica antropofaga.

Essere individui anarchici significa obbedire alla propria forte e viva coscienza che in armonia con l’intelligenza permette di coesistere, muoversi e fare scelte liberamente per realizzare le condizioni ideali possibili al soddisfacimento dei propri bisogni concreti ed astratti, in una società giusta e sana, costituita da altrettanti INDIVIDUI che progrediscono e partecipano, secondo un incorruttibile imperativo categorico, alla realizzazione e alla difesa dell’unica formula sociopolitica che può garantire all’umanità, pace, salute e libertà tra i popoli e gli individui, e questa è il socialismo di mutuo soccorso che più di tutti ha meglio rappresentato Ernesto Che Guevara e che oggi uomini come il Subcomandante Marcos nel Chiapas Messicano, Chavez in Venezuela, Morales in Bolivia e altri dell’America degli Indios, stanno lottando per realizzarlo, nonostante l’opposizione delle bestie di Satana della cupola finanziaria mondiale.

La mia libertà mi consente di dialogare con chiunque e sono sempre felice e umilmente pronto a sostenere chiunque abbia, e in quel momento propone, una idea liofila, costruttiva. A prescindere dal colore della pelle e dal colore politico. Per me “destra”, “sinistra”, “centro” ecc. non significano nulla, se non una paralisi mentale infantile. Io sono un individuo sociale, stop! Non escludo a priori delle possibilità perché “rosse, gialle e/o nere”, la mia coscienza m’impedisce di essere fanatico e/o integralista.

Sono socio fondatore della fondazione E. Che Guevara in Italia da tanti anni e membro del neomovimento per il socialismo “Utopia Rossa”, posizioni che non m’impediscono di certo di essere critico e libero di avere amici “colorati” politicamente. Non ho difficoltà ad affermare che il primo Mussolini fa fatto delle cose straordinarie; non vedo per quale mera ragione dovrei mentire o tacere!

Ho conosciuto il quotidiano “Rinascita” grazie alla mia affamata ricerca di materiale culturale ed informativo controcorrente di una piccola libreria napoletana alla quale avevo chiesto libri e altro sulla storia dei briganti siciliani e sul separatismo siciliano (io prediligo e sostengo le piccole editorie e librerie indipendenti e controcorrenti anche per aiutarle a resistere al soffocamento da parte della piovra editoriale), e sfogliandola scoprii che tanti articoli sulla politica interna (i poli facce della stessa medaglia e servi dell’imperialismo italiano e americano…, le mafie, l’anticlericalismo, la lotta contro le multinazionali… ecc.) e quella estera (l’antiamericanismo, contro lo strapotere della cupola finanziaria dei nazionalisti, la solidarietà ai palestinesi, iracheni, iraniani e a tutti i popoli oppressi, la rivoluzione in America Latina, il progetto Eurasia dei popoli e non delle banche, il plauso a Chavez, Morales, in cammino verso quel socialismo riconosciuto a E. Che Guevara ecc. ecc.) erano con mia gradita sorpresa conformi alle mie idee e lo sono tutt’oggi, tant’è che mi sono abbonato anche a questo quotidiano. Ma la cosa che di questo quotidiano mi ha veramente stupito, è la libertà e la tolleranza con cui concede il proprio spazio all’eterogenea intellighenzia di questo paese, che non è lontanamente dal punto di vista politico, aderente alla linea del giornale, altrimenti ostracizzata dai media ormai totalmente controllati e ben genuflessi al diktat dei due “poli”. Credo che “Rinascita” sia una rara agorà politica in questo paese in cui trovare aperta ospitalità. Non a caso magnifiche teste pensanti libere come il compagno Prof. Carmelo Viola del Centro Studi Biologia di Acireale ultrasettantenne indomito anarcocomunista marxista ne è diventato prezioso collaboratore. Giusto per citare una “penna rossa”. Ma anch’io (anarchico–guevariano) ho trovato spesso ospitalità e senza alcuna censura agli articoli a cui sono stati concessi fino a quattro pagine, mentre quotidiani ex “amici” come “il manifesto" e perfino qualche settimanale anarchico (?!) mi hanno sbattuto la porta in faccia.

8) Ancora a proposito di rapporti politici di ampio respiro, hai qualche suggerimento particolare in prospettiva di un superamento del settarismo che spesso purtroppo divide tanto le aree radicali?

R.) Il mio suggerimento è, e lo dico umilmente, quello di uscire dal fossato del fondamentalismo e guardare più al presente/futuro che al passato.

Guardando troppo indietro si va a sbattere e ci distraiamo dalle cose attuali. È urgente la necessità di una matura svolta per una responsabile partecipazione politica da parte di tutti quegli italiani che non si riconoscono e combattono la politica dei due “poli” per dar vita ad un polo alternativo in cui confluire per realizzare un socialismo condivisibile nel rispetto dello spirito delle varie correnti in vera social-democrazia. Sono del parere che i punti del socialismo che ci dividono sono di gran lunga inferiori come numero e importanza strutturali, a quelli che condividiamo, pur rimanendo, appunto, divisi e arroccati. Personalmente sono molto critico verso questo atteggiamento.

È giunto il momento improcrastinabile, prima che il nostro Paese sprofondi nel baratro completamente, di smettere di sprecare energie ed opportunità… per unirci, a tutti dico: mettiamoci in cammino e incontriamoci.

9) E' molto triste ricordarlo, ma hai già trascorso quasi dodici anni in prigione: quali sono le principali brutture che hai potuto osservare del sistema penitenziario italiano? Ed hai maturato delle proposte per porvi rimedio?

R.) I capelli grigi me lo ricordano ogni volta che affronto lo specchio… Per poter raccontare le brutture che ho osservato e subito io in tutti questi anni occorrerebbero altri dodici anni. Il sistema penitenziario italiano attuale è alieno alla giustizia e lungi dal bene del Paese e dei cittadini, esso in realtà serve a garantire un giro di affari inimmaginabile, su cui, mi pare, nessuno ha intenzione di andare a ficcare il naso – un esempio lo troviamo con i C.P.T. [Centri di Permanenza Temporanea (??) per “clandestini”] di cui alcuni coraggiosi giornali, come “Rinascita”, “umanità nova” e “Sicilia libertaria” hanno esaustivamente parlato mettendone a nudo in modo euristico il vorticoso giro d’affari. I clandestini aumentano, i C.P.T. anche, e i governi “rossi” o “neri” si avvicendano senza che nulla cambi… Anche la devianza cresce e l’edilizia penitenziaria altrettanto… Una devianza che inconsapevolmente e paradossalmente svolge un altro lavoro in nero non retribuito indotto dallo Stato, utile appunto a giustificare gli affari dentro/fuori e attorno la mostruosa macchina dell’(in)giustizia, e a distrarre il salassato, frustrato popolo lavoratore dai delitti che la mafia dai “colletti bianchi, rossi e neri e benedetti”, continua impunemente a commettere e a farsi archiviare con leggi ad personam.

Il sistema penitenziario crea inoltre enormi contenitori di consensi politici, di detenuti e agenti penitenziari e operatori vari.

Le carceri poi sono in realtà, come ha bene affermato il dott. Caselli, affollate da poveracci, fessi e piccoli delinquenti, i veri mostri assassini e criminali sono liberi e perfino stipendiati dallo stato profumatamente, mentre altri, questi cittadini, si suicidano perché non ce la fanno a vivere con la pensione dopo una vita di lavoro, rischiando spesso la vita proprio per combattere questi criminali stipendiati, come l’ultimo Maresciallo Carabiniere, suicida perché sfrattato.

Prima d’inoltrarmi ulteriormente sulle brutture del sistema carcerario, vorrei ricordare tutti quei poveracci che in questi anni hanno perso la vita per malasanità, negazione del diritto alla cura (anche a proprie spese), suicidi per grave carenza di operatori quali: psicologi, educatori e assistenti sociali e tanti altri “suicidati” in qualche modo, spesso per condanne ingiuste e/o eccessivamente sproporzionate alla gravità del reato e all’entità del danno sociale; sono oltre 1500 i “giustiziati”. Per gli addetti ai lavori è una semplice fredda statistica, per me invece, una strage criminale di cui questo paese dovrebbe vergognarsi e risponderne nelle dovute sedi.

Una strage che ha gravemente colpito le famiglie delle vittime e di cui la stampa non parla preferendo occuparsi delle prigioni cubane dove i detenuti non si suicidano e non vengono suicidati.

Nelle prigioni italiane non c’è trasparenza, tutto può accadere, nessuno controlla e ogni carcere è un feudo a sé in cui il direttore impone il suo regolamento interno secondo clima e umore in barba alle leggi nazionali ed europee i cui principi fondamentali sono costantemente violati e calpestati.

Non esiste la figura, tranne che nel Lazio, del “Garante dei diritti dei detenuti”, che lontano da controllori sono in balia totale di chiunque rappresenti un potere nelle carceri. Si può essere puniti per tutto sulla semplice parola di un agente. A me è capitato più volte di essere stato pesantemente vessato psicofisicamente proprio perché non intendevo genuflettermi a ordini, leggi e regolamenti di cui sapevo bene essere fuorilegge, e per questa mia resistenza punito ulteriormente da un Consiglio disciplinare formato dal Direttore e lo stesso corpo di agenti penitenziari senza un mio difensore! Decisamente una pratica democratica!...

Ma è anche triste un altro aspetto che deve far riflettere; il numero sempre maggiore di giovani pieni di talento, bella presenza e titoli di studio che sono “costretti” per mancanza di alternative a diventare guardie carcerarie, un lavoro che non amano e palesemente svolgono con frustrazione, anche per l’impotenza di fronte ad una considerevole percentuale di detenuti bisognosi di essere obiettivamente educati e recuperati, e che per mancanza, innanzitutto di volontà politica, poi naturalmente di mezzi e fondi nonché adeguate strutture, di non poter svolgere il lavoro per cui si è pagati e per i quali i cittadini sono salassati. Queste condizioni rendono poi il rapporto tra agente e reclusi esclusivamente ostile e sterile, come se fossero abitanti di pianeti diversi in guerra, ecco immaginate una lunga convivenza forzata con un nemico in un mare di adrenalina.

Tuttavia debbo riconoscere, che nonostante tutto ciò, ci sono dei casi (rari) in cui gli agenti credono nella loro missione e con tutte le difficoltà danno un valoroso contribuito al Paese – uno di questi è senz’altro l’Ispettore Responsabile del blocco ove sono attualmente prigioniero, uno a cui non piace imboscarsi in ufficio e che si vede spesso in giro fra i detenuti ad ascoltarli e cercare di risolvere ciò che è risolvibile.

Trovo poi aberrante e pericolosa la limitazione dei rapporti affettivi con i propri cari, impedita da barriere fisiche dettate da assurde norme di sicurezza.

Così com’è devastante per la salute fisica ma soprattutto psichica una lunga pena senza la possibilità di poter espletare quel bisogno – diritto naturale. Riconosciuto con le ultime leggi, perfino agli animali, e che è l’attività sessuale. Diritti che per riflesso vengono negati ai partners dei detenuti.

Nella maggior parte delle carceri hanno pensato di ovviare al problema consentendo l’acquisto variegato di riviste pornografiche – immagina cosa avviene nella mente di uno che sta in cella a poltrire 5 – 10 – 30 anni, che si masturba stimolato dalle riviste pornografiche! Ci vuole poco, e senza essere laureati in Psicologia, per comprendere che questa pratica rende perversi.

Altro problema causa di grave allarme sociale è la sopravvivenza del recluso, mi riferisco alla sua alimentazione, alla cura della propria igiene e alla pulizia della cella. Il vitto è scarso e anche quando fosse preparato con modesti prodotti dal punto di vista qualitativo, i tempi e le condizioni igieniche con cui viene distribuito lo rendono incommestibile. A questo punto ci si deve arrangiare e come ci si arrangia se non si ha reddito, né rendita e si era già poveracci con moglie e figli a carico!?!? Ecco che si mette in moto il criminale mutuo soccorso da parte di parenti, amici e compari all’esterno, che altri non è che il “pizzo”!

Dunque lo Stato, le istituzioni, sono corresponsabili del racket, in quanto crea le condizioni (così come per tutto il resto) che inducono a questo tipo di delinquenza.

Proprio in questi giorni qui al “Pagliarelli” di Palermo è stata affissa una circolare a firma della Direttrice (Laura Brancato) con la quale si avvisa la popolazione detenuta che per mancanza di fondi disponibili non è più in grado di garantire la fornitura mensile per la pulizia della cella e l’igiene personale (che poi consisteva in: 4 rotoli di carta igienica, uno straccio per il pavimento e un po’ di detersivo per pavimenti, stop!) e quindi i detenuti devono provvedere a proprie spese – “se qualche detenuto dimostra di non avere conti in Svizzera si farà qualche eccezione!”.

Allora penso incazzato, come e con quale faccia può lo Stato pretendere le salate spese di mantenimento carcerario a pena espiata?!?

Io peraltro, per quanto mi riguarda, ho dovuto arrangiarmi a mie spese sempre, in quanto lo Stato non riconosce i vegetariani e non ha previsto un vitto adeguato, però mi presenterà comunque il conto, anche per l’assistenza sanitaria e tutto il resto, di spese che lo Stato non ha sostenuto.

Non aggiungo altro sperando che gli esempi di brutture a quant’altro di ingiusto del sistema penitenziario italiano siano compresi quanto meno dal popolo lavoratore, e che in loro nome e con le loro tasse tutto ciò avviene, e di ciò si ricordi quando ritornerà ad esprimere il suo consenso politico.

“Il pesce puzza sempre dalla testa e non dalla coda!...”

Io sono del personale parere che il carcere come istituto di recupero dei “deviati” è una idea altrettanto deviata e che deve essere abolito prima possibile. Urge comunque una riforma radicale del sistema penale e penitenziario: che abolisca la criminale custodia preventiva tranne che per reati di sangue.

Che i processi siano celebrati da collegi giudicanti, ove psicologici, sociologi e neuroscienziati siano parte costituente di essi sempre presenti, e che la pena cioè la cura, non sia espressa in anni, bensì in livelli di pericolosità e stati di salute mentale.

Che preveda finalmente sistemi di controllo elettronico (braccialetto microchip ecc.).

Che si istituiscano massicce scuole/cliniche rieducative in tutto il paese.

Un modello penale e penitenziario come quello scandinavo per iniziare potrebbe essere una soluzione.

Tutte cose comunque che già prima di me ed esperti della materia ripetono da anni, penso agli uomini lucidi e competenti dell’associazione “Antigone” e che regolarmente vengono disattese dai governi di turno.

Pare che nulla deve cambiare e che si faccia di tutto per distruggere ciò che di buono è rimasto, comprese le speranze degli ottimisti più ostinati!

[Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: Deasport, Corriere di Aversa e Giugliano, Caserta24ore, Rinascita, Giustizia Giusta]



Antonella Ricciardi , 20 giugno 2006